Classe - n. 7 - luglio 1973

difficoltà per liquidare l'ENI in alcuni mercati (dall'Inghilterra alla Libia) e, visto che controllavano la materia prima della chimica moderna, misero a loro profitto gli investimenti che le imprese italiane facevano in Italia. L'Italia venne cosi a specializzarsi nella chimica di base, nella raffinazione e prima lavorazione del petrolio, che veniva esportato e lavorato definitivamente fuori d'Italia. L'Italia, ed in particolare il sud, venne cosi trasformata in un'enorme raffineria e divenne una delle maggiori esportatrici di derivati del petrolio. Questo per la chimica di base, che necessita di pesanti investimenti per addetto. Per la chimica moderna vera e propria (chimica organica, farmaceutica ecc.) che necessita di modesti investimenti fissi (minori di quelli dell'industria automobilistica), la produzione rimase invece prevalentemente fuori dai confini (con la sola eccezione delle materie plastiche). L'aumento delle esportazioni chimiche impoverl cosi l'It alia, visto che i rapporti di scambio erano fortemente sfavorevoli al nostro paese: 90 lire/Kg per le importazioni contro 220 lire/Kg per le esportazioni. Contemporaneamente i principali gruppi stranieri si impadronirono in Italia della crema della produ zione chimica pregiata, dai deter sivi e cosmetici (C-:>lgate,Proct er and Gamble ecc.) ai farmaceutici (Lepetit, Dow Chemical), dai materiali sensibili (3M, Kodak) ai gas « ricchi» (S10 ). In conclusione, la chimica può essere vista come un microcosmo - sia per i fattori interni che internazionali - dell'insieme dell'economia italiana. Il tipo di specializzazione internazionale scelto (e imposto) all'Italia, ha portato, ovviamente, allo stabilizzarsi dei salari chimici italiani ai più bassi livelli in tutta l'Europa del Mec. Il caso degli elettrodomestici è, forse, ancora più penoso. Basandosi sui salari da fame, l'Italia riusci a « specializzarsi » negli elettrodomestici e a « conquistare » l'Europa. Durante la metà degli anni '60 la produzione italiana di elettrodomestici era circa il 60% di quella totale europea. Quando, per effetto delle misure deflazionistiche che seguirono la crisi del '63 il mercato interno si _ restrinse, le esportazioni balzarono al 60% e più dell'intera produzione: il settore degli elettrodomestici divenne il caso più tipico di « sviluppo indotto dalle esportazioni » e, contemporaneamente, cominciò, appoggiata dagli organi pubblici, una ondata di concentrazioni. ~ noto come andò a finire: la Philips ingoiò il secondo produttore italiano (la lgnis ), la AEG ha messo una buona ipoteca sul primo (la Zanussi), l'americana White ha un importante pacchetto di minoranza del terzo produttore (la Candy) ecc. ccc. 44 Biblioteca Gino Bianco

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