per il medio o piccolo industrialotto che prima di essere rovinato dalla politica creditizia di Colombo era stato aiutato da Carli a portare il gruzzolo in Svizzera. Ed ecco ancora, a coronamento del quadro, i soldi dell'IMI e delle varie istituzioni politiche (dalla Cassa del Mezzogiorno ed il suo « intervento straordinario » alle Regioni e i loro « finanziamenti a fondo perduto » ed il Mediocredito con il « credito agevolato ») attraverso i quali i vari Rovelli e Cefis saccheggiano Sicilia e Sard~gna con i soldi dello Stato. Il caso della chimica e degli elettrodomestici è istruttivo per completare il quadro tracciato 25 • Nel '51 la chimica pesava, sul prodotto lordo dell'industria, per il 5,9%, mentre nel 68 era a quota 14,2%; dal '63 al '69 il settore chimico si sviluppa ad un ritmo complessivo del 67%, mentre il complessivo delle industrie manifatturiere del solo 37%; ancora nel triennio successivo la produttività nell'industria chimica italiana è la più elevata di tutta l'Europa. In questo campo, nel quale a cavallo fra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 si concentrarono particolarmente gli investimenti e la lotta fra i tradizionali padroni (Montecatini ) e i nuovi sia privati (come la Edison) e/o pubblici (l'EN I con l'Anic), è particolarmente facile vedere la completa bancarotta del tentativo della borghesia italiana di allinearsi ai livelli di razionalità capitalistica che esige la concorrenza internazionale. Osserveremo, in prÌmo luogo, come nel campo della chimica si sia particolarmente esercitata l'abilità del capitalismo italiano di far soldi a spese dello Stato: i Moratti , i Rovelli, i Monti - i nomi « nuovi » del grande capitale italiano -, la Liquichimica, per non parlare ovviamente dell'ANIC e della Montedison, hanno attinto a piene mani dalle tasche dello Stato (cioè del contribuente proletario italiano): siccome i contributi agevolati e a fondo perduto, le esenzioni fiscali ecc. venivano dati prevalentemente per il sud, fu il sud a farne le spese. È stato più volte notato il carattere distruttivo del posto di lavoro della chimica « made in Italy ». I poli chimici del sud, Brindisi, Gela, Priolo , la costiera cagliaritana ecc. non hanno creato un posto di lavoro addizionale ma, al contrario, hanno potentemente contribuito a dissolvere i precedenti rapporti di produzione e di lavoro, proletarizzando il contado circostante e spingendo all'emigrazione. Lo scatenarsi della guerra degli investimenti portò in breve tempo ad un vertiginoso aumento della capacità produttiva e ad una caduta verticale dei rendimenti. I grandi monopoli stranieri, come la Esso e la Shell approfittarono delle Biblioteca Gino Bianco 43
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==