Classe - n. 7 - luglio 1973

Dieci anni dopo, quanto si è realizzato del disegno modernizzatore e programmatore del potere politico e del « piano » neocapitalistico e manageriale del capitale « più avanzato »? Vediamo, limitatamente a quanto ci interessa per l'economia del nostro discorso, come si è modificata la mappa del « grande capitale » dalla nazionalizzazione delle industrie elettriche, e se possiamo individuare vincitori e vinti. Se pigliamo l'ultima pubblicazione della Mediobanca sulle maggiori società italiane, e limitiamo l'analisi alle prime cinquanta, vediamo come le imprese controllate dallo Stato sono 17, quelle controllate prevalentemente dai gruppi esteri 14, delle restanti 19 società, che rappresentano il capitale « privato » nazionale, una appartiene alla Fiat e quattro alla Montedison, mentre per un paio coesistono capitale privato, di Stato (sotto varie forme) e straniero, una, infine, (Pirelli) è «multinaziona le». Rispetto all'inizio degli anni '60 assistiamo cioè ad un relativo indebolimento del capitale privato « nazionale » e ad un parallelo rafforzamento dei gruppi a capitale statale e straniero . Un secondo elemento, su cui converrà in seguito spendere qualche parola, è che la concentrazione del capitale è aumentata, e non diminuita: sempre secondo i dati della Mediobianca, nel '71, 555 società controllavano circa il 72% (e probabilmente più) della dotazione di capitale delle società per azioni. In quattro anni 75 società erano state assorbite e ne erano nate soltanto 25; ma negli anni che vanno dal '65 al '70 le incorporazioni avevano interessato ben 209 imprese (su un campione più ristretto) contro soltanto 33 nuove nascite. All'interno di queste 555 aziende, nel 1971 le prime otto controllavano il 44,5 degli immobilizzi tecnici lordi (44,1 nel '65), il 48,1 % degli immobilizzi finanziari (il 44,1 % nel '65), il 25,4% del fatturato (26,2% nel '65) e il 24,9% dei dipendenti (23,9% nel '65). Dall 'esame della quota che le principali società hanno sul fatturato di tutte le imprese con più di 20 addetti, risulta una particolare concentrazione nei settori chimico, delle macchine elettriche, della gomma, nella costruzione di mezzi di trasporto e nella metallurgia. Un terzo elemento, più rilevante per il nostro discorso, è che la Montedison sembra aver preso il posto che tradizionalmente competeva alla Bastogi, come punto di incontro e « consiglio di amministrazione » del grande capitale italiano. Dopo la nazionalizzazionedelle imprese elettriche, queste si trovarono in mano varie centinaia di miliardi: la Edison pensò bene 29 Biblioteca Gino Bianco

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