Classe - n. 7 - luglio 1973

bilire rapporti con gli student i sulla base di presunte capacità nel mestiere senza alcun riferimento programmatico), quando rivendicheranno una diversa organizzazione del lavoro, metteranno definitivamente in crisi anche quei portatori di un presumibile rinnovamento. Cosl l'antiprofes sionalismo, che caratterizza per tutto il 1966 il comportamento degli studenti appartenenti agli ultimi anni di corso in cui ci si misura con la progettazione architettonica e urbanistica, si traduce man mano, se non ancora in una presa di coscienza di tutta la massa studentesca, in un estendersi della comprensione circa la capacità di un apparato come quello di Architettura a perpetuare la propria natura e la propria struttura, ad autoriprodursi cioè, pur in fase di evidente obsolescenza, se non si aggiungerà alla lotta sui contenuti di insegnamento un attacco rivolto all'intero sistema dei rapporti didat tici, infine una radicale contestazione del ruolo degli organismi di potere. Vi si perverrà compiutamente solo negli anni 1967-1968, ma intanto la lotta degli studenti, oltre ai corsi, investe gli Istituti di ricerca, per una messa a regime funzionale almeno agli interessi didattici degli studenti, e la proposta di riforma ministeriale delle Facoltà di Architettura. L'antiprofe ssionalismo ha anche un suo fondamento strutturale, per gli studenti di Architettura, in quanto viene maturando tra essi la coscienza politica della contraddizione fra una scuola ormai di massa e gli sbocchi professionali sempre più rigidamente distinti in due filoni: uno riservato ad una élite di professionisti, l'altro a larghi strati di sottoccupati e di proletarizzati. Del resto tale coscienza aveva già toccato un livello politico collettivo fin dallo scorcio del 1964 nelle mobilitazioni cittadine contro il Piano Gui per l'Università, le quali per la prima volta superavano l'ambito delle singole Facoltà, sebbene con i limiti dovuti alla dicotomia fra spontaneismo di massa e gestione verticistica da parte delle vecchie organizzazioni studentesche facenti capo all'UNURI. Il piano Gui, nella proposta dei tre livelli di laurea, significava già per Architettura, forse più che per ogni altra Facoltà, l'attua zione di un disegno politico teso a predisporre deduttivamente su misura l'offerta di lavoro alle esigenze di un mercato capitalistico conformato, nel caso specifico, all'arretra to settore dell'edilizia. Quando esce, nel 1966, la proposta di riforma per le Facoltà di Architettura elaborata da una commissione di 11 cattedratici, l'intenzione delle baronie accademico-professionali e del governo appare definitivamente chiara: il progetto, mentre la realtà poae con forza il problema dell'impiego 174 Biblioteca Gino Bianco

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