dustriali » nei paesi europei che « permettano il lancio o lo svi• luppo della produzione industriale nei paesi sottosviluppati, pur evitando che i lavoratori dei paesi industrializzati siano le vittime delle necessarie trasformazioni ». La contraddizione tra le due esigenze non viene superata in un legame organico con la batta glia per modifiche strutturali e di indirizzo nei paesi europei, che consentano correlazioni dinamiche con l'industrializzazione dei PVS e la rottura di una divisione internazionale del lavoro che non risolve gli squilibri. È un vuoto strategico che appare in pieno anche in posizioni espresse all'interno di una centrale nazionale peraltro sensibile ai problemi dello scontro di classe, come la FGTB. Sul suo organo ufficiale un segretario nazionale precisa infatti, in vista della Conferenza di Santiago: aprire le nostre frontiere e i nostri mercati incondh:ionatamentes,mantellare le nostre industrie, sono misure che non avrebbero altro risultato che introdurre presso di noi la miseria e la disoccupazione che regnano nei paesi in via di sviluppo, senza tuttavia apportare maggiore benessere ai lavoratori di quei paesi. [ ...]. Noi speriamo che la delegazione belga non perderà di vista gli interessi dei suoi lavoratori di fronte ai governi dei paesi in via di sviluppo, e che essa parlerà un linguaggio chiaro'°· Infatti, a Santiago la delegazione belga si è accodata ai rifiuti capitalistici , senza aver per questo preteso « il rispetto dei diritti e delle libertà dei lavoratori di quei paesi », la cui mancanza De Bock adduceva a giustificazione della sua posizione. Non si tratta di fare facili critiche. Del resto la posizione della FSM è stata anche essa tradizionale e senza mordente, e i limiti dell'azione condotta in Italia e in Francia dal sindacato e da tutto il movimento di classe sollecitano un discorso critico non semplicistico. Un discorso basato sulla consapevolezza della dura battaglia necessaria, anche all'interno del movimento operaio, per sviluppare una strategia di attacco al dominio monopolistico anche per questa sua componente essenziale. L'impegno solidaristico o le testimonianze anche generose non bast8J10. Né basta la consapevolezza classista dell'interesse comune contro lo sfruttamento monopolistico e il dominio imperialista. Occorre tradurre tale consapevolezza in una concreta strategia per at· laccare - nell'assetto oligopolistico preso nel suo assieme e nei vari contesti, e nei relativi indirizzi di sviluppo - i centri motori dei processi di alienazione e di sottosviluppo. Occorre cioè realizzare una coerente interconnessione tra la propria battaglia per un diverso Biblioteca Gino Bianco 165
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