È proprio in questo contesto che si innesca del resto il processo conflittuale, la cui genesi e il cui sviluppo rimangono tuttavia assai contraddittori (se le lotte urbane trovano la loro naturale incubazione nella fabbrica per poi estendersi al territorio o nascono autonome, come mai i vari nuclei contestuali non trovano un modo per unificare le singole esperienze, se tutte sono legate alle stesse contraddizioni generali ecc,). La tecnica dei quartieri monoclasse o monoceto chiusi sembra essere un modo ideato ed ideale per la città-capitalistica, per risolvere a suo favore le potenzialità conflittuali derivanti dall'ammassare in uno stesso luogo individui , tutt i soggetti ad una diminuzione progressiva del valore della loro forza-lavoro (soggetti come sono al duplice sfruttamento in fabbrica e a livello urbano) . E questo perché i quartieri « chiusi » {progettati senza spazi pubblici, con case separate) non hanno continuità di significato, sia sul piano della partecipazione politica, sociale e culturale, sia su quello della formulazione di nuove attese politiche o nuove forme associative con la città. Tra le isole e i ghetti , sottoposti all'integrazione e al conformismo di massa, e la città esiste una separazione netta. I quartieri monoclasse vengono quindi creati a bella posta con obiettivi funzionalisti: pensiamo non solo ai ghetti per immigrati, ma alla periferia e ai centri minori del Milanese dove i quartieri per ceto medio, di recente urbanizzazione, fungono da cerniera tra l'élite al potere e i grossi strati proletari. Assistiamo dunque ad un duplice ptocesso: da un lato la città segrega gli strati subalterni e li controlla, sottraendosi in questo modo al pericolo derivante dalla concentrazione di « eguali », dall'altro inserisce quartieri cuscinetto o strati intermedi, che portano a compimento l 'obiettivo di creare nella città spazi chiusi, umanamente isolati. È chiaro che questa operazione non sempre riesce, altrimenti non si spiegherebbe l' esplodere dei recenti conflitti; ma in ogni caso essa rende discontinua e difficile l'estensione e il radicamento del movimento nei vari quartieri. Si può approfondire il discorso e chiederci come mai anche in presenza di situazioni veramente paradossali ed insostenibili di abitabilità {vedi case-minime, centri sfrattati ecc.) non viene messo in moto nessun tipo di partecipazione politica e di mobilitazione. Riprendendo le argomentazioni tradizionali della sociologia politica sappiamo che premessa per la partecipazione politica dell'individuo è il suo tr~varsi « tra pari ,,: quando cioè esiste un'area di eguaglianza all'interno della quale si sviluppa un sistema di solidarietà 140 Biblioteca Gino Bianco
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