Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 7 - maggio 1978
che osservava in Palestina i costumi giudei, che gridava nel tempio ai farisei: «Io sono fariseo figlio di farisei», lui, Paolo ha costruito nelle pastorali un'eti– ca, un diritto .della comunità: ci ha dato i testi classici su quella che poi si è chiamata la gerarchia della Chiesa. E' non intendendo la potenza universale, semplice e sconcertante della carità che noi contrapponiamo escatologico e storico, ed erigiamo la setta là dove gli Apostoli hanno fon dato la Chiesa. Il cristiano deve sempre considerarla Chiesa, e come « Una Sancta» e come la possibilità dell'Israele carnale, anzi come la possibilità inevitabil– mente realizzantesi dell'Israele carnale. Qui sta il mistero della carità divina divenuta carità fraterna. Chi è l'altro del cristiano se non il peccatore? Nel momento in cui umilmente ac– cettiamo lo Spirito, diciamo di sì al Signore, cerchiamo di seguirne le orme, apparteniamo a Cristo, sperimentiamo la mondanità della Chiesa. Ciò è ine– vitabile. Non a caso la Chiesa è stata fondata su chi, per tre volte, ha rin– negato Cristo: non sulla Vergine, non su Giovanni, non sulla Maddalena ma sulla figura degli Apostoli che più si è avvicinato a Giuda. «Non conosco quest'uomo». Il cristiano ha come suo primo prossimo la mondanità eccle– siastica, cioè la forza che vuol fare della Chiesa una forza di questo mondo. E' verso la mondanità ecclesiastica che egli si muove nella Carità divina divenuto carità fraterna. Lo Spirito Santo è la vivente sintesi dei contrari: della intransigenza e della dedizione, della forza e della dolcezza, della parola e del silenzio, dell'ammonimento e della remissività. C'è un tempo per ogni cosa, una forma per ogni gesto. Solo lo Spirito Santo pone il cristiano nella Chiesa, solo lo Spirito Santo è capace di farcelo stare. Come comportarci con i teologi eretici e con i vescovi mondani? Cosa vuol dire qui la carità fra– terna? Tutto e nulla. ~ lo Spirito Santo che guida, i criteri sono puro bal– bettamento. Un criterio è importante: non sposare mai un atteggiamento in modo da identificarsi in esso e non poter fare il gesto contrario. Un gesto di fermezza sarà bilanciato da un gesto di remissività e viceversa. Non cercare mai la coerenza razionale, sostituire l'inerenza alla coerenza, l'inerenza allo Spirito alla coerenza con la propria immagine. Non ideologizzarsi mai, non etichettarsi mai. Lo Spirituale è come il vento, non si sa dove venga né do– ve vada. Qui forse dovrei lasciare il posto all'esperienza, o meglio qui dottrina ed esperienza si illuminano reciprocamente. Non mi sentirei, di non dare spazio all'esperienza, meno che mai, in questa nostra riunione (ecclesia), in cui possiamo rallegrarci di essere uniti solo come persone, di avere ridotto a nulla i vincoli istituzionali tra di noi, di non avere obblighi di regola o di statuto, di fare un rapporto sullo stato della Chiesa, o della Chiesa in Italia. Questo certo è possibile. Si possono esaminare i gesti dell'episcopato, i com– portamenti dei cattolici, le dottrine dei teologi. E' possibile fare un rapporto analitico. Ma potremmo anche pensare di farlo, in questo nostro convegno, o anche in un altro. Non so se la nostra società però debba qualificarsi par– lando di queste cose, in un modo culturale, o socialpolitico. Non escludo che si possano parlare questi linguaggi, perché tutto ci è lecito, e tutto, qualche volta, può convenire. Mi capita di usare spesso questi linguaggi, in altra sede, ed assai facilmente. Ma non credo che sia qui la sede. Debbo dire che ho in 13 bibliotecaginobianco
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