Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 7 - maggio 1978
E non abbiamo altro modo di stare con Gesù se non stando nell'imme– diatezza di Dio cioè innanzi alle beatitudini, riconoscendoci nella speranza che è nelle beatitudini, beati, in definitiva, beati ora per l'evento del Regno. Quindi è questa la condizione comune del cristiano, povero di spirito, mite, avente fame e sete della giustizia di Dio; il cristiano non è colui che è giusto per conto proprio. Ma poiché la causa delle beatitudini è già nel Regno, per questo il suo effetto è già sulla terra; ciò indica una continuità radicale. Questo mi sembra il modo in cui il cristiano deve stare nel Vangelo. Si è poi creata la figura del monaco, del religioso, della suora come figure che sole vivevano storicamente la parola del Regno; ed anche qui ciò che è stato costituito come una cosa, come un voto, come una legge è diventato stato di perfezione; è nato lo stato di perfezione come categoria giuridica. Il voto è diventato l'es– senza della perfezione e la perfezione della formalizzazione giuridica. Un religioso è colui che è canonicamente tale. Ma le beatitudini non sono possedi– bili il diritto non ha con esse alcun rapporto; invece il voto, la condizione del religioso è qualche cosa di afferrabile e come tale diviene umanamente possedibile. Ecco, proprio nella vita religiosa, nella sua struttura, torna l'ele– mento farisaico, il fatto di poter definire un luogo sicuro, una realtà in cui ci si senta sicuri di ciò che si è. La vita di sequela del Cristo è stata così realiz– zata, nel senso di essere diventata res afferrabile da una categoria giuridica e separata dalla sua effettività, dalla sua autenticità. Anche qui, come nei farisei, si è creato un codice per separati; fariseo vuol dire, infatti, separato cioè colui che osserva certe leggi particolari, diverse dagli altri. Se si fosse saputo qualcosa di più sui farisei, forse sarebbe valso a difenderci dal voler afferrare la peculiarità della vita cristiana, dal voler creare una condizione rassicurante per il Regno. Per questo la vita religiosa è in crisi, io credo, in crisi mortale. Alla immediatezza del rapporto con Dio si è sostituita l'este– riorità del rapporto ecclesiastico. Cattolico ha voluto significare colui che obbedisce alla legittima autorità della Chiesa e questo aspetto della vita comunionale e comunitaria del cri– stiano si è irrigidito in una centralità primaria della istituzione e, sulla messa da lato della interiorità e della autenticità come dimensioni costitutive con– crete della ecclesialità. Il giuridico ha avuto il primato sull'ontologico. Si è così puntualmente ripercorsa la traiettoria di Israele. La Chiesa allora si regge sulle categorie di una perfezione astratta, l'infallibilità e l'indefetti– bilità. Queste categorie spirituali divengono l'astratto attributo della istitu– zione. Le parole di Paolo «spiritualis omnia judicat et a nemine judicatur» divengono l'assunzione centrale del diritto canonico: la prima sede non è giudicata da nessuno. La differenza è enorme. Le parole di Paolo dicono che lo spirituale non può essere giudicato perché in lui opera lo Spirito Santo ed è lo Spirito Santo che giudica il mondo. Siamo in una realtà puramente escatologica perché lo Spirito Santo è Colui che anima in noi l'immagine di Dio e ci rende divini in questo tempo. Altra cosa è la formula canonica; essa ha un significato giuridico e vuol dire che nessun'altra autorità ecclesiastica può giudicare la sede romana. Ma così l'istituzione finisce con l'includere in sè il Vangelo, rendendolo, con ciò, im– mediatamente ideologico. Ed è in questo sistema giuridico-formale di istitu– zione chiusa cui è approdato il diritto canonico nella sua lettura romana, che 11 bibliotecaginobianco
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