Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 7 - maggio 1978
bibli appunto l'appartenenza al Regno. Ma dire che la conformità ecclesiale sia prop-riamente la condizione dell'ingresso nel Regno, significa, in primo luogo, introdurre un· elemento che spezza la continuità di cui prima ho parlato. Nella· carità divina che diviene carità fraterna, il singolo segue il Signore, la «città di Dio» appare come immediatamente presente nella «città dell'uomo»; proprio questa continuità si interrompe quando ritorna il volto della sacra istituzione che avvolge la vita con le sue norme, con il suo diritto, con la sua teologia, con la sua gerarchia. Nel momento in cui l'istituzione si pone al centro della vita cristiana, cade la continuità. Eppure dovremmo guar– dare i segni dei tempi. Quando sentiamo nominare il Cremlino, dimentichia– mo che esso era sorto come una chiesa dedicata a un «juredivi», a un folle per Dio. Essa è ora la sede del potere sovietico. Chi ha detto che la medesima sorte non possa toccare a S. Pietro in Roma? Sembra che la promessa fatta a Pietro comporti la perenne stabilità di S. Pietro a Roma, che· la resurre– zione del Signore, che non impedì che la Palestina divenisse terra d'Islam e che la santa Russia divenisse l'Unione Sovietica, abbia il suo spazio privile– giato sul colle che vide il martirio di Pietro . . . Ma chi può pensare, sulla base della Scrittura, ad un tale improbabile spazio sacro, chi non vede che si tratta di una leggenda romana, il mito sacro di una «ieroburocrazia» ( = bu– rocrazia-sacra)? Si attribuisce sia a Don Bosco che a Pio XI la profezia di cosacchi a Roma. Ora la profezia ha, persino per noi, più dettagli storici, è resa più intelleggibile. Ma in realtà, anche per noi, sembra esistere come il mito di uno spazio sacro, intoccabile, che appartiene a quelle illusioni confor– tevoli che mirano a trovare un punto terrestre che sia, per dir così, il centro del mondo, il punto di comunicazione con il sacro. Così come ogni città antica cercava un punto fondante che fosse in comunicazione con il centro dei cieli e della terra per inserirsi in uno spazio divino, questo stesso ricordo n1itico, il desiderio della spazio sacro, vive sullo stesso mito romano; esso ora decade ma tuttavia rimane sempre come mito laterale nella vita ecclesiale. Sicura– mente niente cancellerà l'eucarestia e niente cancellerà il Vangelo; ma un modo storico della Chiesa può essere cancellato ed anzi possiamo dire che lo sarà. Più la storia cresce, più Cristo rimane: più i tempi corrono, più il Van– gelo appare la luce del mondo. Il mondo ha abbandonato le parole della spe– ranza; ìa sapienza annuncia la disperazione e la potenza annuncia sè stessa sine glossa. Se noi guardiamo la Chiesa oggi, noi riconosciamo in essa, come in ogni tempo, il Vangelo; nella Chiesa, in ogni tempo, il Signore sta innanzi al– l'Israele carnale. Che cos'è la Chiesa, in fondo, se non il Signore che si pone di fronte all'Israele carnale? Credo sia questo il nwdo sicuro e cristiano per inten– dere la Chiesa, per intenderla non carnalmente. La situazione del cristiano nel mondo ha Gesù, nei Vangeli, come modello. Chi è Gesù nei Vangeli? Gesù nei Vangeli è l'immediatezza di Dio. Il Regno di Dio è giunto, perché Egli, che lo annuncia, lo rende presente: per questo la sua prima parola indica la continuità tra la terra e il cielo. In Matteo, la prima parola di Gesù sono le beatitudini. Esse riguardano questo tempo e questo mondo, ma, al tempo stesso, hanno la loro conclusione nel Regno. In questo primo messaggio, dunque, appare la continuità in modo radicale. JO ginobianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=