Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 6 - dicembre 1977
portamenti sociali che non abbiano come fondamento effettivo il puntuale con– senso dei soggetti su ogni singolo punto. Abbiamo scelto la crisi del diritto come simbolo visibile di un passaggio più ampio che la sottende, cioè un deperimento nella istituzionalità della Chiesa. Per secoli, la conformitas alla auctaritas ecclesiale è stata vista come la condizione necessaria (e pressoché sufficiente) della sequela di Cristo. La Con– troriforma ha fatto dell'obbedienza alla gerarchia il segno distintivo della vita cristiana nella Chiesa cattolica. Ciò ha condotto a porre in luce la dimensione n1.eramente storica della Chiesa, il suo essere societas perf eeta, omogeneamente alla società civile. È a partire dagli anni '30 che una nuova attenzione al tema della dimensione divi– nizzante della grazia, cioè alla divinizzazione del cristiano finiscono, sia pure con ricadute negative che si polarizzeranno più tardi nella così detta « svolta antropologica », con il porre l'accento sulla dimensione escatologica del cristia– no e dunque della Chiesa, e sulla figura mistica della ecclesialità nella storia. La enciclica di Pio XII sul Corpo Mistico inizia questo passaggio ecclesiologico, che continua poi nel secondo Concilio Vaticano. La dimensione istituzionale perde rilievo rispetto alla dimensione mistica, che è essenzialmente personale-. Ciò conduce a vedere l'ecclesialità come una relazione di persona a persona, della persona di ogni cristiano alla persona del Cristo, al Verbo incarnato. È il ritorno al concetto cristocentrico di ecclesialità proprio del Nuovo Testa– mento, proprio di Paolo e di Giovanni. Qui certo la teologia ha una parte più grande, perché essa recupera l'in– tegralità delle sue fonti. La figura del cristiano nel tempo può divenire oggetto di ortodossia e persino di definizione dogmatica. Dal Concilio di Trento in poi sono i problemi della vita di grazia, cioè della divinizzazione del cristiano, e quelli della presenza del cristiano, portatore della divinizzazione, nella storia mondana, nella cultura e nella società civile, a tener campo. Il Concilio Vaticano II ha qui un vero impegno dottrinale. Continuiamo a credere che la definizione del Vaticano II come un Concilio pastorale, nel senso di non dottrinale, faccia torto alla verità, ed alle stesse intenzioni del Concilio, come espressa, ad esempio nella nota praevia. Espressa tuttavia in forma diffusa, la tesi del Concilio sulla figura del cristiano nella storia, richiede una siste– mazione teologica e, a nostro avviso, dogmatica. Perché, nonostante tutto, la risposta al lefebvrismo non può situarsi che su un terreno dogmatico; solo quel terreno consente la trasformazione di ciò che è scisma in eresia. Si tratta cioè di esprimere la Chiesa come mistero del Verbo incarnato e dello Spirito Santo diffuso, e quindi come l'anticipazione storica della Città di Dio: si tratta di in– dicare come la riduzione della Chiesa alla pretesa storica di guidare i popoli sul piano delle scelte storiche in quanto riducibili ad una astratta fattispecie etica, estranea e distacca la vita dei cristiani dal mistero della vita divina of– ferta dallo Spirito Santo. Si tratta in sostanza di rendere evidente la dimensione dottrinale della scelta compiuta dal secondo Concilio Vaticano. Può essere che ciò chieda un nuovo Concilio, il Vaticano III di cui alcuni parlano. Lo sa il Signore. Ma è certo che è solo su un terreno dogmatico che si risolve la dimensione teologica bibliotecaginobianco 13
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