Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 5 - giugno 1977
chiesa di Parigi da parte dei tradizionalisti non ha condotto a sanzioni cano– niche da parte del cardinale Marty. Possiamo dire che la tempesta dello Spirito non ha lasciato pietra su pietra. L'istituzione ecclesiastica sopravvive a se stessa, è, in quanto istituzione, un potere apparente. Vorrei dire che la coscienza comune, la coscienza storica non registra la realtà. Inoltre che l' afjectio ecclesialis, la appartenenza del popolo di Dio alla Chiesa, esiste e permane. Quello che è venuto meno è la potenza della società ecclesiastica. Che cosa diviene la Chiesa, sotto la potenza dello Spirito? Userò questa formula: la Chiesa cessa di essere formalmente una società separata e diviene il segno sacramentale del Regno, secondo l'intuizione pro– fetica del II Concilio Vatic ano. Che cosa ciò significhi storicamente, è difficile dire. Possiamo usare solo delle formule astratte, segni della nostra impotenza a comprendere la realtà del reale. Noi non pensiamo a una condizione meramente spirituale o ad una condizione di santità diffusa nella Chiesa: pensiamo ancora a una forma di presenza storica. Pensiamo quindi a una Chiesa raccolta da un lato attorno all'opus Christi, alla Redenzione (quindi attorno alla Eucaristia, ai Sacramenti, alla Scrittura, alla Parola, al Sacerdozio) e d'altro lato capace, perciò, di as– sumere nei confronti della storia il volto della Profezia, dell'annuncio del Fine; realizzando così la figura del cristiano che, avendo ricevuto la misericordia del Signore, attende la sua venuta. Ciò significa che nella Chiesa assun1.eranno grande rilievo i giudizi sto– rici, sulla storia, sulla cultura, sulla prassi sociale, sulla politica, e tuttavia non come atti di• giurisdizione (della gerarchia sui fedeli o sugli Stati in ra– gione della potestas indirecta in temporali bus) ma come atti di annuncio. Ci troviamo qui di fronte a temi che abbiamo esaminato nei nostri con– vegni: quello sulla profezia collettiva e quello sulla società pensante, uno af– frontato otto anni fa a Rovereto, e uno cinque anni fa a Rosano. In ambedue i casi, si trattava di una definizione della nostra società. Ma essa era vista in forma Ecclesiae. Ora possiamo dire che di essi si deve rivestire la Chiesa come tale. Ma come non vedere subito che essi definiscono, in apparenza, non una Chiesa del popolo di Dio, ma sembrano attagliarsi invece a un gruppo e rive– stire un carattere potenzialmente settario? Tuttavia: a che punto è il popolo di Dio? Ciò che esiste, come dimensione comune del popolo di Dio, ciò che defi– nisce il popolo di Dio, è ancora un costume che possiamo dire « religioso », nel senso che suppone l'estraneità del divino. bibliotecaginobianco 9
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