Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 5 - giugno 1977

dogmi non sono dogmi, ciò compor– terebbe una attenuazione sostanzia– le della fede rivelata. Alla fine, si ri– durrebbe ad una unità politica, una unità che non supera le differenze di nazio:::-1e,di cultura e così via. Credo ci ~ia una sola Chiesa con cui il pro– blen1a potrebbe essere posto in que– sti i.e:cmini, ed è la Chiesa orientale; in essa esistono problemi di questa natura. La formula di Soloviev sul– l'ecumenismo, raccomandava in fon– do agli orientali di recepire i dogmi proclamati senza il loro consenso, cioè facessero un atto di recezione. Se pretendi di forzare l'unità esclu– dendo la comunione dei dogmi allo– ra non è più lo spazio di Dio che re– cuperi, ma semmai quello dell'uomo. La tua indicazione suggerisce una strada che non conduce alla vera unità. GIUSEPPE CHIODO: Se i fedeli, nel passato, traevano dal clero l'e– sempio del perfetto cristiano, del santo, e oggi, invece questo modello viene a cadere, che cosa resta? GIANNI BAGET: C'è sempre Ge– sù Cristo il modello dei modelli. In realtà i modelli che, di volta in vol– ta, la Chiesa propone sono storica– mente creativi in quanto modellati essi stessi sul Cristo, il quale resta sempre il modello unico. È lo Spirito Santo che crea i suoi modelli nei sin– goli. La creatività della Chiesa è sempre del singolo. Ciò significa pe– rò che quando diciamo singolo non diciamo individuale, ma intendiamo la persona, l'interiorità; l'interiorità infatti non è mai una realtà indivi– duale, ma si basa sulla interrelazio– ne delle coscienze, per la causalità dell'uno sull'altro. Non è guardando il Cristo che nasce il modello (per esempio quello propostoci da recenti films), ma ciò avviene tramite l'azio– ne dello Spirito Santo. Noi non co– nosciamo Cristo secondo la carne ma bibliotecaginobianco Lo riviviamo secondo lo Spirito. È sempre lo Spirito Santo che inventa il modello, il modo in cui lo fa è dif– ficile a dirsi. Si può pensare che pos– sa tornare qualcosa della dimensione prof etica del Vecchio Testamento? È difficilissimo a dirsi. Quello che mi sembra si possa immaginare è che il nuovo tipo di santità, da un lato, è effettivamente legato al terrestre, a giudicare il cammino sulla terra, dal– l'altro, tende a non inserire l'uomo in una realtà istituzionale, in un'o– pera materiale, ma fondamentalmen– te a creare uno stato di coscienza. In sostanza, la caratteristica che possia– mo pensare di questo tipo di santità è il suo saper rispondere in primo luogo alla grande domanda del no– stro tempo: « se ha senso la vita, se è meglio il nulla all'essere». Giusta– mente si potrebbe dire che la santi– tà, oggi, è una risposta a questo in– terrogativo. GIUSEPPE CHIODO: Tutto que– sto va recepito come indicazione pa– storale? GIANNI BAGET: Per il giusto cammino della nostra Società dello Spirito Santo la cosa migliore è abo– lire la pastorale. A me il termine pa– storale non va in assoluto: le cose più deleterie si fanno sempre in no– m·e della pastorale, a tutti i livelli. Io non penso che bisogna più gover– nare la persona, ma sia necessario ri– trovare quello spazio di libera comu– nicazione in cui è il Signore il nostro pastore. Il popolo di Dio diventa in– governabile e forse in senso prof on– do questo è giusto. La Società del re– sto non è mai stata governata. Io non l'ho fatto, ho esposto solo dei pensie– ri ad alta voce, non ho mai fatto che questo. La Società, da questo punto di vista, è assolutamente anarchica. Non ha opere, non ha niente; si è fermata al bollettino. È solo una So– cietà pensante, non ha nient'altro 23

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