Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 1 - ottobre 1974
bibli rende possibile una fedeltà che è sempre fedeltà alla Verità e non al nostro passato, al nostro presente o alla nostra ipotesi di futuro. Il distacco, lo si vede sin troppo bene da quello che ho scritto finora, non lo si può descrivere. Dirò che è un'arte infusa. Cerco di spiegare questi termini. Uno degli errori morali (anzi il principale nei nostri giorni) è di ridurre tutto alla coscienza. Non consideriamo ora ciò che così è sacrificato in maniera più intenzionale e notoria, cioè la legge (la morale della coscienza è una mo– rale polemica, una morale di reazione), ma ciò che è meno visibile, ciò che S. Tommaso, seguendo Aristotele, ha chiamato prudenza. Il termine si è de– teriorato con l'uso, e non possiamo tornare al termine greco, pur bellissimo: eufronein; eufrosu.ne . Ma è chiaro che non basta una norma astratta (e la coscienza, in sè, è un principio astratto: fa questo, non fare questo) a gover– nare il comportamento. Una società di uomini di coscienza è il più disumano dei mondi, e non può che rovesciarsi nell'edonismo. L'edonismo contempora– neo è in rad.ice il rovescio del moralismo protestantico della coscienza. Inte– riorizzare la morale vuol dire disumanare l'uomo, fare di ogni singolo, ap– punto, un « legislatore universale» secondo la formula kantiana. Pensare un atteggiamento concreto, un comportamento concreto, richiede arte: richiede finezza, capacità di valutare un fatto, un comportamento, una sfumatura: saper valutare il dato, saper discernere l'operabile nella sua assoluta concretezza. La complessità del fare, la rischiosità dell'agire chiedono la delicatezza del sentire. Questo vale per ogni uomo. Ma infinitamente di più per il cristiano, che ha a che fare con lo Spirito Santo, che deve agire insiem·e allo Spirito di Dio. Chi può stabilire dei criteri positivi? Anche la tradizionale discretio· spirituum (che ci ha lasciato dei piccoli capolavori come il « Trattato delle ispirazioni » di S. Bernardino da Siena o le pagine ad essa dedicate negli Esercizi spirituali di S. Ignazio) ci ha dato soprattutto dei criteri negativi, per difenderci da Satana trasformantesi in angelo di luce. Anche i criteri che abbiamo dato so– pra sono negativi: il distacco dai modelli morali, il distacco da ciò che si sa vero sono criteri negativi. Essi possono persino essere fraintesi, tanto più vol– garmente (rifiuto della moralità, indifferenza alla verità) quanto più essi si avvicinano a toccare il punto della nostra anin1a che, senza distruggersi, si auto-trascende e si consuma in Dio: («trasumanar significar per verba non si porrìa », dice Dante). Per questo ascoltare lo Spirito Santo è un'arte infusa: solo lo Spirito sa ascoltare lo Spirito. Il criterio dell'abbandono è un grande criterio. Non attaccarsi al proprio personaggio, alle proprie idee ricevute, la– sciarsi rifare continuamente dallo Spirito Santo, rifondere nella nuova storia che egli crea è un buon criterio di orientamento. Non offrire nessun limite di spazio, di tempo, di gusto all'azione dello Spirito, lasciare che la fantasia divina possieda liberamente la nostra vita. E questo non sul piano delle cose materiali, ma delle motivazioni intellettuali, morali del nostro agire, dare allo Spirito Santo la povertà della mente e del cuore ... questa è la vera povertà. Quando abbiamo pensato a darci, come « Società dello Spirito Santo », una regola spirituale, abbiamo pensato a S. Francesco. Dio sa perché, perché altri santi avevano avuto parte maggiore nella nostra vita. La nostra regola 8 ginobianco
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