Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 1 - ottobre 1974

bibl derno non hanno potuto fare a meno di accettare questa parola come parola valore, decisi ciascuno a fornirne una sua interpretazione. Ma la libertà è, radicalmente, non solo un concetto cristiano, ma un'e– sperienza cristiana. È l'esperienza dello Spirito Santo. Per questo essa non è definibile. Quando sul piano mondano, si vuole definire la libertà, ne esce fuori inevitabilmente un concetto negativo. Libertà diviene « libertà da» o «dal». Essa è usata così come fondamento della definizione di un nemico. Libertà nel suo contesto originario non ha un contenuto positivo definibile, perché il suo positivo è l'esperienza indicibile dello Spirito di Dio, è appunto il sapere di essere posti sopra la storia. La libertà si ha quando la presenza dello Spirito Santo investe la coscienza, quando il desiderio si sente sostenuto dal suo og– getto, sentito ad un tempo come ulteriore e come dato. Essere liberi. Questa è la nostra vocazione di cristiani. Essere liberi significa essere il luogo che tutto contiene, il luogo in cui tutti possono essere presenti, se lo desiderano. Per indicare in qualche modo il positivo presente nella libertà cristiana, soccorre il nome di cattolicità, di universalità. Un cristiano è veramente un senza-partito, nel senso che ricono– sce le verità di tutti. Credo che il senso vero dell'esperienza conciliare del Vaticano secondo, che ha riparlato più profondamente del mistero dello Spirito Santo, sia quella di aver invitato la Chiesa a essere il luogo verso cui le verità opposte tendono, coincidentia oppositorum. Ciò non significa né l'impegno tem– porale né l'assenza storica, significa la libertà, la suprastorialità che non involge la Chiesa in nessuna sintesi finita, in nessuna interpretazione ideologica del reale. Non è sempre facile capire come deve essere praticata questa universalità. Ricordiamo che essa è il frutto del distacco ed è perciò essenzialmente operata in noi dallo Spirito Santo. Noi possiamo solo indicare alcuni aspetti o problemi concreti che ci possono aiutare ad indicare una fenomenologia del cristiano, una scienza del suo apparire nella storia. Ricordiamo in primo luogo che la dialettica della storia è trinitaria, mentre la mente umana è riduttiva, capisce il molteplice solo in ragione dell'uno. Bisogna dunque evitare le sintesi pole– mico-unitarie. Polemiche, perché sono pensate o dirette contro qualcuno o qual– cosa, unitarie perché sono concepite in ragione ed in funzione di un solo prin– cipio. In un sistema naturale e storico fondato sulla Trinità, la realtà ha sempre un doppio aspetto che tende all'unità in una terza figura. Applicare a questa dinamica creativa una formella di tipo unitaristico è quanto mai falsante. Ad esempio: non si può pensare l'uomo né come solo anima, né come solo corpo, ma come una dualità che si unifica nello spirito. L'uomo non è solo natura né solo persona, ma natura e persona si fondono all'infinito nella relazione. Non vi è solo soggettività (coscienza) né solo oggettività (legge, comportamento) nell'agire umano, l'azione è la sintesi personale del dato e del pensato,, e solo in quanto sintesi è personale, la razionalità è universale infatti e l'oggettività particolare, solo l'azione fonde l'uno e l'altro elemento in una storia. La grazia di Dio è modellata sull'essere totale dell'uomo, la stessa divi– nizzazione sintetizza universale e particolare nel personale. E potremmo con– tinuare all'infinito, entrando ancor di più nella materia propriamente teologica perché formalmente o virtualmente fondata sulle proposizioni rivelate. È da 12 aginobianco

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