{)!L BIANCO ~ILROSSO Uikiillt;i gnato il Governo centrale, dovrebbe essere particolarmente audace nel concedere poteri a livelli nei quali potrebbe trovarsi in minoranza? Se si vuole allora ragionare in grande, in fedeità vera alla riforma maggioritaria del 18 aprile, senza logiche unilaterali ed atteggiamenti emotivi è giusto confrontarsi non sul bricolage ma su riforme organiche. Le opzioni di fondo dovrebbero essere le seguenti: - elezione diretta del Premier come leader di una maggioranza parlamentare (da completare con una modifica del sistema elettorale della Camera che elimini la quota proporzionale e che utilizzi parte dei seggi così liberati come «premio di maggioranza» legato al Premier con un secondo turno eventuale non nei collegi ma su scala nazionale); - rafforzamento delle autonomie regionali in termini di competenze e di forma di Governo (elezione diretta del Presidente della Regione con la sua maggioranza) raccordando con esse un Senato delle Regioni; - previsione di uno Statuto dell'Opposizione principalmente con la previsione di quorum più alti per gli organi di garanzia e di una procedura rafforzata per la revisione costituzionale. Si tratta in sintesi dell'opzione per una coerente configurazione neo-parlamentare secondo i meccanismi di fatto vigenti nelle grandi democrazie parlamentari contemporanee, senza nostalgie per la fase proporzionalistica e consociativa e senza tentazioni per rafforzamenti unilaterali del solo Governo o per esiti presidenzialistici solo apparentemente più efficaci. È un'opposizione più riformatrice e più coerente dell'attuale maggioranza che può aspirare all'alternanza. È entrando in competizione per affermare meglio la fedeltà alla vittoria del 18 aprile 1993 che si aprono chances reali di successo. Flessibilitàdilavoroe salario? Danoicivuolaltro di Pierre Carniti G overno e Confindustria insistono per un lavoro ed un salario «flessibile». Può davvero essere questa la ricetta contro la disoccupazione? Dalla metà degli anni 50 alla metà degli anni 70 l'Europa ha conosciuto una stagione di pieno impiego. Per circa venti anni il tasso di disoccupazione è stato del 2-3 per cento. Nello stesso periodo la percentuale dei disoccupati negli Stati Uniti era il doppio. Dalla metà degli anni 70 (dopo l'esplosione della crisi energetica) la situazione si è capovolta. Gli Stati Uniti hanno continuato ad avere una disoccupazione che oscilla vistosamente, in relazione all'andamento del ciclo economico, ma comunque su una media di poco superiore a quella degli anni 50 e 60. Inoltre negli ultimi venti anni 9 gli Stati Uniti hanno creato circa 20 milioni di nuovi posti di lavoro. Nello stesso periodo l'Europa (che ha una popolazione molto più numerosa) ne ha creato invece meno di un quarto ed il tasso di disoccupazione è cresciuto costantemente fino a raggiungere le vette attuali dell' 1112 per cento. Con paesi, o grandi aree (come il Mezzogiornod'Italia) che arrivano al 20 per cento. A questo diverso andamento della disoccupazione ha corrisposto negli Stati Uniti una crescente polarizzazione dei redditi e delle condizioni di lavoro. Gli stipendi più elevati sono cresciuti costantemente, mentre i salari più bassi sono continuamente scesi fino a toccare oggi, in termini reali, i livelli di 40 anni fa. Si è quindi indotti a pensare che la disoccupazione in Europa e la crescita delle diseguaglian-
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