Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

01.LBIANCO a.l, ILROSSO dHGiNIIHCftll111oJNt4•8 allo schieramento progressista anche quelle aree di centro, politiche e sociali, che le dinamiche in atto renderanno disponibili. Dunque: uno schieramento di formazioni politiche capace di sollecitare sensibilità diverse e consensi più estesi, ovviamente realizzato in funzione della aggregazione generale. Il problema da risolvere - possibilmente attraverso soluzioni «strutturali», che superino cioè le disponibilità occasionali - è come tenere insieme le esigenze di identità diverse (con autonoma visibilità politica e organizzativa) con quelle dell'unità. Il modello di organizzazione che qui si propone, con gli elementi di grande flessibilità che introduce, cerca di rispondere positivamente a questa esigenza. I Progressisti: dove cominciare? Rispondo alla domanda facendone un'altra: qualora entro un anno si tornasse a votare, cosa dovrebbe essere deciso in fretta? A me sembra chiaro: la leadership dello schieramento progressista, È necessario ancora ripetere che, con il sistema maggioritario, la credibilità di uno schieramento, per governare o per fare opposizione, è nelle mani del leader? E come si può sostenere che «ancora c'è tempo»? Perfino Berlusconi ha avuto bisogno di mesi per accreditare la propria immagine politica. Scegliere un leader - per uno schieramento complesso come quello progressista - qualora le vicende politiche non ne facciano emergere uno, è operazione assai rischiosa, che può sfiorare il di velleitarismo. Per procedere si potrebbero intanto definire dei «criteri», che riguardano la personalità del futuro leader, e delle «procedure», atte a consentire il manifestarsi di un consenso diffusoper la scelta del leader. Quanto ai criteri a me pare che il futuro leader non possa - allo stato - essere uno degli attuali riconosciuti dirigenti dei partiti costituenti lo schieramento progressista, che debba trattarsi di persona non usurata dall'avere già esercitato forme di rappresentanza politica, che non possa trattarsi di un tecnico ma debba possedere capacità di coinvolgimento ideale e culturale. Circa le procedure confesso di non credere, nella situazione data, né a referendum che si limiterebbero a censire i volti oggi più noti, nè a primarie, che privilegierebbero le proposte della forza politica più organizzata. Ciascuna formazione politica potrebbe affidare al proprio gruppo dirigente una o più proposte da verificare in una sorta di «summit dei progressisti» il quale sceglierà definitivamente la leadership. Criteri e procedure, questi o altri, non garantiscono, di certo il successo dell'operazione. Necessitano poi intelligenza, sensibilità, radicamento sociale, competenza. E sarà la qualità della proposta che si riuscirà a mettere in campo, a decidere i passaggi successivi. L'obiettivo dovrebbe essere quello di una leadership capace di fare sintesi dell'intero schieramento, ma da privilegiare appaiono le potenzialità di governo e l'apertura alle aree sociali e politiche di centro. Tutte le altre scelte, - programma, formazione del governo ecc.-, sarebbero esercitate successivamente dal leader dello schieramento. Quale organizzazione sul territorio Finora s'è cercato di motivare l'esigenza di dare visibilità politica a tutte le formazioni dello schieramento progressista. Ma la visibilità politica pretende un qualche radicamento sociale ed organizzativo. Il problema, con tutta evidenza, non riguarda nè il Pds, nè Rifondazione Comunista. Lavoriamo allora sulle tendenze in atto. Tutte le formazioni politiche «minori» dello schieramento progressista appaiono ormai costrette a ridefinire le forme della loro presenza sul territorio. E ciò vale anche per quella parte del Centro a noi vicina per sensibilità politica e culturale. Perché allora non realizzare sul territorio degli insediamenti organizzativi omogenei, che consentano di rispon74 dere ad almeno tre esigenze: suscitare un impegno politico diffuso, consentire a ciascuna identità culturale e politica di esprimersi, realizzare forme di coordinamento ai vari livelli istituzionali? I «Circoli» potrebbero essere lo strumento più adatto per conseguire tali risultati. Tra l'altro, così operando, si eviterebbe il rischio di faticosi e conflittuali negoziati per costruire il partito dei «non comunisti», e nello stesso tempo si potrà lavorare per conquistare consistenza organizzativa e visibilità politica dotate di una discreta efficacia. Noi. Cristiano-Sociali Poiché siamo nati come un «presenza nello schieramento progressista», è a questo punto che dobbiamo ragionare sui nostri problemi politici, di identità, di organizzazione del lavoro. Siamo una formazione politica assai giovane, che in pochi mesi s'è ramificata su quasi tutto il territorio nazionale e s'è misurata con più competizioni elettorali. Ma è ormai tempo di superare la condizione di permanente precarietà di risorse professionali, organizzative e finanziarie che hanno segnato la nostra esperienza. È ciò può essere fatto decidendo sulle seguenti questioni: 1) Ridefinire il modello di organizzazione A tal fine appare necessario innanzitutto ridefinire il modello di organizzazione, adottando forme che siano flessibili - per cogliere le specificità locali - ma anche dotate di un certo tasso di omogeneità, per essere riconoscibili. L'idea guida dovrebbe essere quella - in coerenza con quanto detto - del Circolo (territoriale ma anche professionale, culturale, di interesse ecc.) come sede della politica, e dei relativi organi di coordinamento ai vari livelli istituzionali (cioè di Circoscrizione, Comune, Provincia, Regione, Nazione). come sedi di direzione politica. 2) Rappresentanze istituzionali - Movimento Il Movimento politico e le rappre-

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