Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

O!LBIANCO -~IL ROSSO Jl;JGMNP1~1rfJ1 Nt14 ••~NNt4•1 campo di Berlusconi. Sbaglia ed appare inadeguato perché non ha una leadership riconosciuta. Il programma presentato in modo scialbo, senza una sola idea forte, sembra voler aggiustare un po' tutto: limiti di contenuto, ma anche e forse soprattutto di capacità di comunicazione. Per di più all'interno dello schieramento progressista, la tradizione non-comunista si rende invisibile. La loquacità di Alleanza democratica evapora. La crisi dei socialisti è ormai visibile ad occhi nudo. La aggressività di Orlando non spaventa più nessuno. I Cristiano-Sociali appaiono incapaci di segnalare una loro presenza significativa sui mass-media. È così, l'unica dialettica che si manifesta nel polo progressista, è sulla tassazione dei Bot, l'uscita dalla Nato, il No all'alta velocità nelle ferrovie, un dibattito fuorviante e per niente mirato alle aree sociali di cerniera tra destra e sinistra che pure tutti dichiarano di voler conquistare. Per quanto governerà «questo» polo delle libertà? Queste prime settimane di governo Berlusconi hanno reso legittima la domanda sulla tenuta strategica del Centro-destra, ma la risposta resta assai ardua. Allo stato, a me pare vadano annotati almeno i seguenti segnali di grande interesse. Sul piano degli schieramenti: a) Forza Italia tende a mangiare la Lega e a sottrarre consensi ad Alleanza Nazionale. In tale situazione la dialettica tra le tre forze di governo sembra destinata ad andare oltre la distinzione tra «centralisti» e «federalisti» o tra «popolani»e «aristocratici»; b) Forza Italia sembra aver messo la barra al centro per liberarsi prima possibile delle ali nostalgiche o separatistiche che la indeboliscono. La nascita del «partito unico» si colloca in questa strategia. Ma appare sempre più chiaro che il «partito unico» sarebbe un'occasione offerta anche alle formazioni politiche di centro nonché ad un gruppo di più o meno autorevoli ex-socialisti per farne parte organicamente. Il percorso sembra lungo, ma non bisogna dimenticare che - con il sistema maggioritario - i tempi dei processi si fanno rapidissimi. Sul piano dei contenuti dell'azione di governo: a) per andare velocemente ad una resa dei conti, Berlusconi deve allargare ulteriormente l'area del consenso sociale, onorare almeno qualcuna delle cambiali più mostrate nella competizione elettorale. Ma non sarà semplice: le turbolenze monetarie, interne ed internazionali, unitamente alla recente sentenza della Corte costituzionale sul!'obbligo all'integrazione delle pensioni al di sotto del minimo complicano ulteriormente lo scenario economico e sembrano schiacciare l'attuale governo in una difficile alternativa: o procedere in una severa politica di bilancio disattendendo le aspettative di sgravi fiscali, di rilancio degli investimenti, di finanziamento pubblico dei processi di privatizzazione della scuola e della sanità ecc., oppure mantenere le promesse elettorali e scontare - con il rischio di una nuova ingovernabilità della spesa pubblica - unaripresa dell'inflazione, la protesta dei mercati finanziari, l'indebolimento progressivo della borsa. Vedremo. Di certo non appare più semplice il giochetto pensato appena qualche settimana fa: andare in tempi relativamente brevi (al massimo entro un anno) ad una nuova consultazione elettorale avendo nel frattempo drogato l'economia, per governare poi sul serio (forse) avendo acquisito una forte maggioranza assoluta ed una omogeneità politica indiscutibile delle forze politiche a sostegno del governo. I Progressisti: costruire un partito o uno schieramento? La strategia di Berlusconi sembra dunque abbastanza definita: ricostruire - sotto mentite spoglie politiche - il vecchio blocco sociale che per decenni ha governato il nostro paese, irrobustendolo sia con una destra resa presentabile, sia con estese frange di 73 aree sociali tradizionalmente orientate a sinistra, ma che per la caduta di qualunque riferimento ideologico (parte dei giovani), per la paura di perdere il posto di lavoro (operai) o per il peggioramento delle condizioni di vita nelle grandi città (periferie urbane) appaiono disponibili a sostenerlo nel1a' vventura governativa. Ma se Berlusconi è riuscito ad animare questo miscuglio di speranze e illusioni, ha evidentemente messo a frutto la modestia culturale, politica, strategica della proposta progressista. In fondo il nostro è un paese nel quale cresce l'informazione, la conoscenza, la cultura, aumenta il benessere anche se in modo ineguale, si diffondono gli spazi di democrazia e di partecipazione. Forse abbiamo perso non tanto per la presunzione politica degli ultimi arrivati, ma proprio perché ci è venuta meno una visione ottimistica del futuro possibile, ci è mancata l'ambizione di un progetto capace di allargare gli spazi di liberazione - personali e collettivi - che l'innovazione e lo sviluppo economico offrono. Se l'alternativa presente nel dibattito tra i progressisti - dover essere, il loro futuro politico, espresso da un partito o da uno schieramento di forze politiche - venisse misurata con questa ambizione, la risposta sarebbe univoca. Per la scelta a favore di uno schieramento di forze politiche esistono comunque ulteriori e sostanziose motivazioni. Provo ad elencarle: 1) attualmente solo la tradizione culturale comunista - espressa dal Pds e da Rifondazione - appare ben visibile. Gli stessi Verdi appaiono ideologizzati, più una specifica verde della sinistra storica, che non un movimento vitale ed originale; 2) il radicamento sociale e la presenza sperimentata sul territorio sono decisive, per poter essere attori politici portatori autonomi di interessi e di valori, e le formazioni politiche minori appaiono, al riguardo, tutte in forte difficoltà; 3) è necessario definire dei «percorsi», politici ed organizzativi attraverso i quali possano manifestarsi ed unirsi

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