Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

sfondare solo lì dove la sensibilità all'associarsi - e dunque a considerare positivamente l'impegno politico - è già maturata e probabilmente vissuta. L'analisi del Censis offre alcuni spunti di riflessione «politica» degni della massima considerazione. «Lacarica ideale - si legge a pagina 38 del rapporto - non viene legala ad opzioni di carattere politico e valoriale. Solo il 4,9 per cento degli associati dichiara di trasferire sulla vita associativa le proprie convinzioni politiche e valoriali. Tale atteggiamento evidenzia il crescente distacco della società italiana dalla politica intesa come azioni ed idee per trasformare "i sogni" in realtà». Si può anche non tenerne conto, o pensare ingenuamente che tutto ciò non riguardi il pubblico di riferimento del Movimento dei Cristiano-Sociali. Ma dalle organizzazioni di appartenenza, comunque si configurino, gli appartenenti chiedono una concreta capacità di incidere nella risoluzione dei problemi individuali e collettivi. E in questa capacità affermano di credere. Pare di capire che la generica affermazione di impegno politico (o sociale, culturale, di volontariato) a tutto campo, con prevalente attenzione agli aspetti formativi o informativi, non soddisfi più. Sono i progetti specifici ad attrarre l'attenzione, gli obiettivi volutamente limitati, ma verificabili nella fase di attuazione e nella riuscita o fallimento finale. Non credo sia mero pragmatismo o, peggio, radicale scetticismo sulla forza trasformatrice della politica: è sano riformismo, consapevolezza della comD.!J, BIANCO W,.ILROSSO 1111 @1811 plessità della realtà e della conseguente necessaria politica dei piccoli, ma concreti passi. Si può tenerne conto anche quando si progetta la vita dei circoli? Altre due osservazioni paiono interessanti. In controtendenza con ciò che si è pensato in questi ultimi tempi «la logica dominante nei rapporti interni alle associazioni è quella della intensificazione ed estensione della delega». Ma non era finito il tempo del rinvio delle responsabilità e arrivato quello dell'assunzione in proprio di compiti e funzioni? Non sembra. Leggiamo cosa dice il Censis: «si tende a trasferire per difetto di competenza la gestione dei propri interessi ad oligarchie specializzate che possano garantirne al meglio il soddisfacimento»; allargamento della partecipazione solo quando può servire agli obiettivi? E poi: «il ruolo svolto dai governi delle associazioni è un ruolo di vera e propria catalizzazione dei comportamenti partecipativi fino al punto che le azioni associative si risolvono di fatto in altrettante risposte alla mobilitazione esercitata dall'alto». È la questione della leadership, comunque determinante, a prescindere dalle esperienze dirette che abbiamo nei nostri gruppi o movimenti. Infine la conclusione più interessante: «C'è da chiedersi, se le cose stanno veramente in questo modo, da dove le associazioni traggono la loro legittimazione sociale. Il fatto è che si avverte in giro un forte bisogno di identità che sopravanza talvolta la stessa domanda di rappresentanza degli inte63 ressi. Ecco perché oggi sembrano avere più successo i messaggi simbolici, in definitiva il sistema soffice di rappresentanta sugli apparati strutturati delle organizzazioni tradizionali». E allora quale identità, basata su quali elementi forti, che sia però dialogante e non intollerante, capace di accogliere anche le fasi intermedie della sua formazione e dunque non escludente? Difficile avere una soluzione buona per tutti i contesti; a mio avviso può ripartire solo attraverso il recupero del territorio. Nella precedente ricerca del Censis sul rapporto tra cittadini e autonomie locali, infatti, si rilevava che se c'è un recupero di senso di appartenenza politica, questo passa proprio attraverso il comune: «il mio sindaco», (che io ho eletto, o che non ho eletto), «la mia città», «il mio quartiere», ecc. Non a caso «la quota più elevata di persone che esprimono una disponibilità potenziale rispetto all'associazionismo è riscontrabile nei piccoli centri» dove più alto è il grado di coinvolgimento con individui, strutture, scelte, azioni di governo della cosa pubblica. È vero che non si può ritornare all'Italia dei comuni, ma probabilmente è anche vero che la riforma del rapporto tra amministrazione comunale e cittadini, l'unica vera attuata in questi ultimi anni nel nostro Paese, ha aperto una strada che sta già portando i primi frutti: riscoprire la politica a partire dalle strade e dalla case delle nostre città. Un lancio convincente del Movimento dei Cristiano-Sociali non può che cominciare di qui.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==