capire alla gente che solo un'apertura universale garantisce i diritti e gli interessi di tutti, mentre non c'è sicurezza per nessuno se prevale l'impulso alla fortificazione delle frontiere. Se non avviene a questo livello, il cambio di mentalità rimane eticamente sterile e politicamente inefficace. Si può organizzare, culturalmente prima che politicamente, una opposizione vera sulle questioni descritte, o su altre di pari significato? C'è da fare un censimento di forze, ma anche una {)!LBIANCO ~ILROSSO • •X•)-i§t i H;I verifica di credenziali. All'opposizione, se è seria, non si bluffa. Corollario cattolico. Nelle comunità ecclesiali la pratica del pluralismo delle scelte politiche si è affermata in assenza di una linea pastorale che la comprendesse concettualmente. Ciò crea una domanda aggiuntiva di profezia, se manca la quale il pluralismo resta scriteriato, i credenti si dividono oltre la politica e trionfa il pragmatismo senza principi. O, peggio, l'abitudine a pensarsi in relazione ad un partito delegato o comunque preferito porta, semplicemente, al cambio del cavallo: lasciato uno, se ne prende un altro. E le offerte sono allettanti, come sempre quando vengono da destra. Sono convinto che se l'opposizione sarà autentica, si fonderanno in essa componenti diverse e potrà risultarne una capacità di proposta davvero inedita per coerenza ed omogeneità. Ma bisogna ogni giorno ricordare che il lavoro dura, almeno, cinque anni. E rimette tutti in discussione. Perlanuovastagionec:oncretezza eforteidentitàsulterritorio F ino a che punto le analisi sociologiche debbano entrare nella progettazione politica è un antico dilemma. Non tenerne conto affatto è sintomo di astrattezza; ingabbiare i contenuti in diagrammi, numeri e tabelle significa limitare l'azione politica dentro gli schemi dell'esistente senza provare a scommettere sul futuro perché incerto e tutto da costruire. È necessaria allora una maggiore capacità di sintesi che faccia premio delle osservazioni della realtà e le rielabori in una progettazione che abbia il respiro degli ideali, ma la testa ben piantata su spalle solide e ferme. Per un Movimento come i CristianoSociali (ma in generale per tutte le formazioni politiche, vecchie e nuove), allo stato nascente, l'ultima indagine del Centro studi investimenti sociali (Censis) dice cose molto interessanti: «Associazioni e rappresentanze: i poteri dal basso», il titolo dell'inchiesta, che non analizza, se non di striscio, le organizzazioni direttamente impegnadi Vittorio Sammarco te in politica, ma prende in considerazione in generale fenomeni partecipativi nella nostra società attraverso il rapporto fra domanda e offerta di associazionismo. C'è poco da stare allegri: siamo in presenza di «una vera e propria crisi 62 deflattiva delle risorse di partecipazione». Nel 1991 erano il 35,7 per cento degli italiani tra i 18 e i 74 anni a dichiararsi iscritti ad una associazione; oggi siamo al 28,4. Enon perché siano diminuite le opportunità di far parte di un'organizzazione. È che «la società sembra essere costituita dalla somma di molecole individuali che agiscono in funzione di obiettivi particolari e privati. In tale contesto la propensione verso la cooperazione appare molto bassa a prescindere dai poteri o dalle caratteristiche del!'offerta associazionistica». Conclusione già abbastanza conosciuta, ma che ora prende anche la forza dei numeri. Se dunque la riflessione su partito aperto, leggero, o che cambia il nome e diventa movimento, è indirizzata solo a sondare il terreno su un possibile recupero di consenso rispetto alla «pesantezza» del vecchio sistema di organizzazione politica, siamo sulla cattiva strada. Non è cambiando il vestito che si potrà sperare di ottenere un sia pur limitato successo. Si riuscirebbe a
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