Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

{),Il, BIANCO ~ILROSSO 1111 $$ 8111 Fareinsiemeunaopposizione diprospettivcaoncretae solidale L a mia opinione è che tutte le forze che nelle consultazioni di primavera sono state collocate al!'opposizione debbano percorrere un aspro cammino. Durante il quale però potranno selezionarsi i progetti e le energie necessari per alimentare una grande alternativa democratica. Questa non dipenderà tanto dalla dichiarazione delle intenzioni per il governo prossimo futuro, quanto dalle cose che si dimostrerà di saper fare insieme nella condizione dell'opposizione. Prima di pensare a formule di schieramento - alleanze, nuovi poli, federazioni ecc. - converrebbe perciò intendersi sui capitoli principali di una linea di contrasto delle tendenze affermatesi in Italia. Con questa premessa espongo, indicativamente, tre passaggi che a me sembrano essenziali per raccogliere, dalla opposizione, una maggioranza popolare: 1. Dalle elezioni è emerso un nuovo potere, una entità in larga misura inesplorata: lo chiamo il «potere comunicativo». Dei tre poteri tradizionali - legislativo, esecutivo, giudiziario - tutto è già noto: natura, prerogative, limiti, controlli, equilibri. Mancano invece risorse culturali e giuridiche che consentano un trattamento del nuovo potere alla stregua degli altri, cioè il suo assoggettamento ad un sistemadi vincoli e di oneri che ne rendano, almeno, controllabile l'influenza. Non può dunque essere lasciata al caso la determinazione di un criterio di separazione, tanto più quando si è di Domenico Rosati già consentita una enorme concentrazione monopolistica privata e si è realizzata nella figura del Presidente del consiglio una sorta di unione personale del controllo del settore privato, con annessa pubblicità, con il controllo, acquisito iure imperii, del settore pubblico. Tanto più quando si afferma che sia il campo della comunicazione, sia quello della giustizia debbono intonarsi alla maggioranza; e questa non deve essere turbata nel suo ruolo di governo, a pena di nuove elezioni. Il rischio è grave: sono noti gli effetti di controllo sociale, cioè di blocco della dinamica civile, che si possono ottenere combinando le tecniche dei sondaggi d'opinione con la amplificazione dei media, data la tendenza delle persone a seguire quelle che sondaggi stessi rivelano come propensione della maggioranza: i più vanno dove sono i più. Ho proposto di sollevare su questo argomento una vera e propria questione morale, come risposta ad un'esigenza di verità nell'informazioneper tutti i cittadini esposti alla manipolazione; 2. Estenuatosi il riformismo (socialista e cristiano) e crollato il collettivismo comunista, tenta ora la rivincita un capitalismo sregolato, con una concezione a-morale della politica, ridotta a sostegno del buon andamento degli affari privati. È in campo il grande inganno del neoliberismo: non basta ricaricare la molla del profitto per assicurare automaticamente lavoro, prosperità, sviluppo. Sulla questione del lavoro c'è da porre un quesito agli economisti, consultati finora come oracoli mentre essi stessi cercano una busso61 la: se la razionalizzazione del mercato, anche per effetto delle nuove tecnologie, non crea, di per sé, lavoro e se le imprese dei paesi sviluppati subiscono la concorrenza di paesi a più basso costo di manodopera a parità di prodotto, è corretto insistere sul mercato come unica fonte risolutiva della questione del lavoro? Oppure si devono elaborare blocchi di domanda che abbiano finalità economiche anche se non di immediato profitto, come la realizzazione di infrastrutture, la manutenzione del territorio, la messa in valore delle risorse culturali ed ambientali? Se doppio mercato del lavoro deve essere, insomma, che la seconda pista sia ben delimitata e sottratta agli abusi di un caporalato riveduto e sempre scorretto; 3. Oggi si enuncia una dottrina dell'interesse nazionale che coincide con l'aspettativa delle imprese a vendere all'estero. Tutto l'opposto di una linea che, pur tra molte contraddizioni, ha privilegiato il conferimento di parte della sovranità nazionale a entità ritenute meglio idonee a garantire la pace e lo sviluppo. Il rifiuto delle «tentazioni di utopismo universalistico», proclamato dai vincitori, misura il respiro provinciale di una politica che rinuncia a comprendere le dimensioni reali dei problemi e cerca invece soluzioni utilitaristiche, protettive di interessi ristretti. Si tratta qui di riproporre le ragioni della interdipendenza come le coordinate dell'unico futuro di pace per il mondo, nell'unica solidarietà realistica: quella che comprende tutte le persone che abitano il pianeta. Far

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