Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

una problematica interna all'idea di eguaglianza, che non può essere intesa come uniformazione e omologazione, ma anche interna all'idea di differenza, che deve concepirsi come compossibile con diritti e doveri comuni. Le concezioni della «destra» tendono a interpretare l'uguaglianza come massificazione omologante, a misconoscere il peso delle disuguaglianze sociali, a negare il valore della differenza (si pensi all'arretramento che esse esprimono nella visione della donna), a intendere la diversità come auto affermazione egoistica. La cultura politica di ispirazione egualitaria e solidarista dovrebbe perciò esprimere su questi temi una decisa e realizzabile alternativa etica fondata sull'esperienza storica e capace di interpretare la realtà umana profonda, perciò aperta al futuro. {'~BIANCO W.ILROSSO 1111 # 111 Vorrei terminare queste riflessioni richiamando due aspetti sulla cittadinanza che scaturiscono dalla tradizione religiosa cristiana e che possono essere fruttuosamente ascoltati anche da chi non condivida una simile visione della vita. Secondo questa visione l'uomo è cittadino di due società: quella storica e quella escatologica. Nasce da ciò un invito, universalmente partecipabile, a organizzare le società terrene in maniera tale che sia sempre consentito a ognuno lo spazio per liberamente decidere di sè in ordine alla questione del senso ultimo del vivere; in pari tempo l'idea di duplice cittadinanza invita a concepire la costruzione della «cittadinanza democratica» come un processo aperto, che non deve mai cristallizzarsi in un modello definitivo. Inoltre una concezione eticoreligiosa della cittadinanza suggerisce l'idea che questa non è composta soltanto da un complesso di diritti, ma anche di corrispondenti doveri che nascono dal riconoscimento dei primi, e che diritti e doveri sono espressioni mediate del principio etico originario, la legge del bene o legge morale. Sicché la realizzazione della cittadinanza democratica rinvia a una antropologia morale che si fonda sulla realtà originariamente comunitaria dell'uomo, una veduta che l'individualismo «liberista» non può ammettere senza autonegarsi. Si capisce da ciò che l'impegno politico per la «cittadinanza democratica» esige una rinnovazione creativa sul piano delle posizioni culturali fondamentali: se vogliamo «trasformare» il mondo - e a ciò non dobbiamo rinunciare - è necessario che impariamo ancora e di nuovo a «interpretarlo» in termini di verità. Premesseperunnuovo impegnopolitico lcuni dati mi pare che A vadano preliminarmente evidenziati - in punto di fatto e quindi al di là di qualsiasi giudizio di valore - prima di avviare una riflessione sui risvolti istituzionali di quello che viene (con singolare genericità) definito il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e sul ruolo che la cultura cattolica può svolgere nelle modalità di attuazione di questo passaggio. Tre indici mi sembra vadano segnalati. Il primo riguarda la grande mobilità dell'elettorato italiano, dopo decenni di vischiosa sedimentazione. È finita la stagione in cui il successo o di Nicolò Lipari l'insucceso di una politica si misuravano su alcuni decimali di punto percentuale in più o in meno. Nell'arco di un anno e mezzo abbiamo assistito alla ::,ostanzialescomparsa di due forze politiche (la Dc e il Psi) e dei loro satelliti che, nel bene o nel male, avevano caratterizzato per lustri la vita istituzionale, condizionando anche pesantemente gli assetti di alcuni ambiti della società civile; abbiamo visto la crescita vistosa, ancorché territorialmente circoscritta, di un movimento come la «Lega», del quale peraltro si cominciano già ad avvertire i primi scricchiolii; abbiamo registralo la nascita dal nulla e la rapida diffusione di una macchina di aggregazione del con50 senso politico come «Forza Italia», che, ancorchè lucidamente costruita a tavolino secondo tecniche di marketing, ha saputo tuttavia cogliere profili di aggregazione della società civile che andavano al di là di collocazioni settoriali, di individuate classi sociali, di vecchie ideologie culturali. Il secondo indice segna, per così dire, l'effetto politico diffuso della mobilitazione referendaria che in due successive occasioni, prima sul voto unico di preferenza e poi sul sistema maggioritario, ha rapidamente condotto a superare vecchie collocazioni per limitare l'opzione politica alla semplicità di un'alternativa: o bianco o nero, o di là o di qua. Per quanto ciò non sia

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