Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO 1111 -.'•ffl 111 Riflessionsiullacittadinanza L a proposta dei CristianoSociali per una «cittadinanza democratica» tocca un punto fondamentale dell'attuale fase politica. Il tema della cittadinanza democratica può infatti fungere da criterio analitico e valutativo per distinguere fra le tendenze culturali-politiche oggi in gioco e per identificare una prospettiva intorno alla quale aggregare una coalizione egualitaria e solidarista (e autenticamente «liberale», se si accoglie la distinzione di Croce, fra liberale e liberista). A tale scopo è però indispensabile domandarsi che cosa è la cittadinanza. Le riflessioni che seguono desiderano offrire qualche spunto preliminare. Nell'età moderna successiva alle rivoluzioni americana e francese, cittadino è colui che in un determinato stato nazionale gode dei diritti civili e politici ed è riconosciuto davanti alla legge come eguale a ogni altro cittadino. Appartenenza a uno stato nazionale, libertà individuale, eguaglianza formale sono le caratteristiche che costituiscono le prerogative della cittadinanza. È superfluo rammentare che la loro enucleazione e la loro traduzione in costituzioni e in pratiche giuridiche e politiche ha richiesto un complesso e travagliato cammino storico; lo stato di diritto - che di questo cammino rappresenta in certo modo il compendio e l'esito - rappresenta una tappa fondamentale dello sviluppo dell'autocoscienza europea e - nell' «idea» che lo costituisce - una acquisizione di valore universale. Tuttavia questa concezione liberale di MarcoIvaldo della cittadinanza non esaurisce le virtualità insite nell'idea razionale di cittadino, virtualità cui, implicitamente almeno, ci si riferisce quando si parla di cittadinanza democratica. Colui che era membro della polis - ciò che per altro nell'antica Grecia era prerogativa di un numero limitato di individui - non era soltanto chi erariconosciuto libero ed eguale a ogni alto simile a lui; era colui che «prendeva parie» attivamente alla discussione e alla regolazione della cosa pubblica. Emerge da quella esperienza storica l'idea di un nesso fra cittadinanza e partecipazione, che è valido anche per la cultura politica contemporanea. Che cosa significa- «partecipazione»? Quali debbono e possono esserne le forme di attuazione? Quali sono le sue precondizioni e le garanzie di un suo corretto e pieno esercizio? L'idea della cittadinanza come parlecip,azione dovrebbe a mio giudizio essere posta al centro della cultura politica di ispirazione democratica e solidarista: ad esempio la «democrazia» e la «telecrazia» - basata questa fra l'altro su un impiego fondamentalmente irrazionale dei media - sono divise ·da una contrapposta visione della partecipazione, o meglio sono la sua realizzazione metodica o la sua sostanziale negazione. Dall'esperienza storica poi di quel fenomeno articolato e complesso che possiamo nominare come «socialismo» emergono altre dimensioni della cittadinanza che eccedono l'orizzonte liberale e che dovrebbero esser.e incorporate nella cittadinanza democratica. Il «socialismo»pone l'accento sulle disu49 guaglianze sociali che impediscono agli individui un pieno dispiegamento del loro potenziale umano e sul fatto che tali disuguaglianze hanno radice in una distorta organizzazione del lavoro. Inoltre e insieme il «socialismo» ha sottolineato che la partecipazione del cittadino alla cosa pubblica si realizza basicamente attraverso la prestazione di una attività di lavoro (ragionevolmente e organicamente regolata) e che in tale attività ha la sua radice lo stesso diritto di proprietà. L'esperienza del «socialismo» richiama perciò che esiste una mediazione sociale ed economica della cittadinanza che non deve essere ignorata: debbono essere' rimosse quelle disuguaglianze sociali che non siano di utilità comune, debbono essere garantite via via pari opportunità, devono essere create condizioni perché ognuno possa partecipare alla formazione del bene comune attraverso un lavoro. . Una problematica specificatamente attuale della cittadinanza è infine sollevata dalle istanze di riconoscimento e di tutela delle «differenze». Si sostiene che le «differenze» - di sesso, di razza etc. - non dovrebbero essere di impedimento all'esercizio politico, sociale ed economico della cittadinanza nè possono essere ignorale e di fatto misconosciute - in una visione che enfatizzi il solo livello formale della uguaglianza. Cittadino è perciò colui che dal diritto positivo non soltanto ha riconosciuto il suo essere-eguale a ogni altro di fronte alla legge, ma ha anche accordato lo spazio entro il quale può esercitare e veder valorizzato il proprio essere-differente. Si apre qui

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