Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

somma frutto anche di propri autogol. Progressisti e popolari hanno comunicato con gli elettori impegnati e già convinti, con i propri simpatizzanti, con i quadri e l'apparato. Hanno parlato ai militanti, ai volontari, agli intellettuali, non sono riusciti a parlare ai commercianti, ai piccoli imprenditori, alle «massaie», ai giovani (persino ai giovani figli o nipoti di militanti) ai frequentatori delle discoteche, alla sterminata massa del pubblico televisivo che segue Mike Bongiorno, Vianello, Ambra. E noi cattolici, in particolare, tanto impegnati nel Polo progressista, quanto nel Ppi, non siamo riusciti a comunicare con i praticanti anomm1 domenicali disimpegnati, cioè ai semplici praticanti «devozionali»estranei ai gruppi parrocchiali, alle associazioni, alla vita ecclesiale. Sul piano politico in molti, dunque, dobbiamo fare una severa autocritica. Abbiamo sottovalutato la conseguenza della sconfitta del centro e forse abbiamo frettolosamente demonizzato il centro. Certo, in un sistema bipolare il centro perde la sua consistenza stessa di «idea politica», non solo di punto geografico del sistema, e i cattolici democratici non possono teorizzare il centro: tra giustizia e ingiustizia, infatti, come ammoniva il grande democratico cristiano Radomiro Tomie «il centro non esiste». E tra Fini e Berlusconi,da una parte, e Occhetto, dall'altra - questo l'errore dei popolari - il centro non esiste. Ma alcuni di noi, comunque, sono stati - siamo stati - ingenerosi verso i popolari e ne abbiamo pagato le conseguenze. La crisi di leadership del Pds rischia di influire in modo molto negativo sui percorsi di aggregazione post-partitocratica del polo liberal e progressista. La nuova segreteria è dunque chiamata ad un deciso e decisivo passo avanti, ad una· ulteriore svolta, ad una «nuova Bolognina». Nessuno può negare - senza cadere nella pura propaganda - il ruolo e il coraggio politico di Achille Occhetto. E forse neppure l'importanza della tenuta delle strutture di partito del Pds, l'unico elemento organizzativo popolare a disposizione dei progressisti nella campa- {)!LBIANCO a.L, ILROSSO •U•SSOHA gna elettorale. Ma l'apparato, ed anche molti e generosi militanti ricchi di storia personale, di coerenza morale, di impegno di vita, se sono ancora in grado di organizzare il consenso e di orientare politicamente il famoso «zoccolo duro», non sono più in grado, invece, di comunicare, di parlare, con l'esterno, con la grande massa sempre più anonima e sempre più teledipendente dell'elettorato. Anche con i settori più popolari, o poveri, o marginali, dell'elettorato. Dunque chiediamo alla nuova segreteria del Pds: niente pattriottismi di partito. Non si tratta di limitarsi alla autoconservazione e neppure alla ripresa di due o tre punti in percentuale. La sfida è il cammino verso il grande «partito democratico», laburista e liberal, di cui il Pds può essere il perno, ma che deve avere una leadership di centro-sinistra o di sinistra centro, come appunto avviene nel Labour o nel Partito Democratico americano, dove è possibile la convivenza di Jesse Jackson e dei moderati, dei cattolici e dei pattisti, dei pacifisti e dei realisti. I popolari, o almeno la parte migliore del Ppi e più legata al cattolicesimo democratico, all'Azione Cattolica, alle Acli, al sindacalismo più avanzato e impegnato, al volontariato, ha dato prova di coraggio e intransigenza. La reggenza Jervolino è stata molto importante e forse decisiva. Va riconosciuto a Rosa Russo Jervolino d'aver parlato un linguaggio chiaro e netto sul fascismo, sui ministri di Alleanza Nazionale, sulla coerenza con le indicazioni elettorali del Ppi, sulla questione dell'informazione. E i nostri amici Rosi Bindi, Monticone, Bianchi, Cananzi, Leopoldo Elia, Sergio Mattarella, stanno svolgendo con grande coerenza una tenace buona battaglia per salvare i popolari dalla scivolatura clerico-moderata. Impegno arduo, difficilissimo, per le evidenti difficoltà anche su terreni ecclesiali, per il qua - le dobbiamo esprimere grande solidarietà. La frontiera è fondamentalmente la stessa. Il Congresso popolare è dunque anche un «nostro»appuntamento. Non solo perché vede impegnati amici con i quali c'è un comune sentire e 40 molti sentieri insieme percorsi e da percorrere, ma anche perché dal Ppi (come dal Pds) dipende la possibilità di costruire dal!'opposizione una seria alternativa democratica e di governo non destinata cioè ad inverarsi soltanto tra molti anni o limitata alla sola testimonianza. Ma il futuro del Partito popolare, una volta occupato il centro-destra, è solo «a sinistra», cioè solo, in prospettiva, nel polo del futuro partito democratico. Lo spazio di centro destra è perduto, non si illudano Buttiglione e Formigoni, e, dopo l'avvento di Berlusconi, non può neppure sopportare più leadership clerico-moderate o anche cattolico-moderate. L'operazione Berlusconi (che ha spiazzato anche Segni) è, nei fatti, una operazione di «laicizzazione» del centro-destra. Il cavaliere può rappresentare infatti anche consensi cattolicomoderati (soprattutto quelli dei praticanti «disimpegnati») direttamente in proprio senza deleghe ad esponenti «cattolici», trattando direttamente con i vertici ecclesiali o con i settori confessionali più opportunistici. Proprio l'attardarsi sul centro e i ritardi a riconoscere il pluralismo delle scelte politico-partitiche dei cattolici, ha reso impossibile una leadership cattolicomoderata del polo conservatore; così come ha finito per indebolire la presenza rilevante di leaders cattolici nel polo progressista, senza, per altro, riuscire a concentrare il voto «cattolico» sui popolari. Su queste miopie politico-ecclesiali, su questa incapacità a leggere i mutamenti interni alla coscienza collettiva dei cattolici italiani, al pluralismo nei fatti già cosi diffuso, sul voto «a sinistra» proprio degli ambienti più impegnati nel volontariato, nella catechesi e nell'associazionismo (dove resta, almeno in alcune regioni, forte la simpatia e l'attesa per RosiBindi, Monticone e gli altri amici), si dovrà riflettere a lungo. Sul piano politico, dunque, è necessarissima, più che mai, l'unità di azione (pur nel rispetto delle diverse e forse temporanee, collocazioni) dei cattolici democratici impegnati nel Partito popolare, nei Cristiano-Sociali, nel Pds (dove sono numerosi i giovani di

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