per costruire, a partire dagli spazi che l'attuale situazione consente, un terzo polo che sia incentrato su una forza politica personalista e solidarista, ancorata alle culture cristiane vive nel Paese e collegata con il tessuto sociale che queste culture hanno pur genera· to nella società italiana: questo richie· de una forte disponibilità alle esigenze di rinnovamento e una grande originale capacità propositiva a partire dal patrimonio di valori e di esperienza che contraddistingue il cattolicesimo democratico in Italia. A monte di questi problemi esiste D!LBIANCO ~ILROSSO 1111 )-. § 819 però una distinta questione di fondo dalla quale non è dato prescindere. I modelli di vita, di comportamento, i valori di riferimento oggi prevalenti nel nostro Paese sono legati a radici individualiste, utilitariste, a forme di materialismo pratico; il primato dell'e· tica nella politica e della politica dell'economia non è condiviso; questo andamento culturale attraverso tutta la società italiana, ed in essa anche le comunità ecclesiali. È questa la questione di fondo, che esige tempi lunghi e pazienti per superarla: ricostituire un tessuto culturale cristianamente ispirato, ricco di quella «piena verità sull'uomo» che la fedé rivela e che offre alla libera erazionale coscienza della umanità. È questo un retroterra essenziale da ricostituire, con originalità di propo· sta e con apertura al dialogo; un retroterra necessario per rilanciare e per sviluppare una significativa presenza del cattolicesimo democratico una vera democrazia, che sia democrazia fondata su autentici valori umani. È il tema della inculturazione della fede e del dialogo con le culture, con le diverse culture dominanti oggi presenti nella destra e nella sinistra politica del nostro Paese. Impegnos,olidarietàv,alori: treleveperrisalirelachina L a svolta a destra è una dura lezione. Nessuno di noi, anche quando, alla vigilia delle elezioni politiche, avevamo percepito il successo di Berlusconi e l'a· vanzata di Alleanza Nazionale, aveva percepito la gravità dell'inversione di rotta non solo politica, ma anche culturale e del costume. Per questo credo sia indispensabile muo· versi su due strade: una decisamente pre-politica e formativa (dunque ne· cessariamente anche ecclesiale) ed una più immediatamente politica. Pietro Scoppola ha ragione: i progressisti hanno perso perché I' aggregazione della sinistra democratica è stata soprattutto di vertice. La mobilitazione non solo partitica e non solo tradizionale attorno all'elezione di alcuni sindaci, Rutelli, Bassolino, Cacciari, Sanza, Illy, i sindaci di Caserta e Macerata, non è stata sufficiente a creare una mobilitazione «arcobaledi Laura e Paolo Giuntella no» di base; il «tavolo dei progressisti», per lo spettatore comune, per gli elettori, per i cattolici impegnati nelle associazioni e nel volontariato, non è stata certo una esperienza molto attraente. C'è stato un eccessivo entusiasmo acritico dopo le elezioni ammi· nistrative che ha creato troppe illusio· ne non ha risolto problemi decisivi, anche di immagine. L'errore, poi delle «forzeminori» di presentarsi frammentate nella residua competizione «proporzionale» è stata pagata a caro prezzo. Il turno unico e l'assenza di regole comuni di garanzia democratica del gioco fissate contemporaneamente al varo del nuovo sistema elettorale han· no fatto il resto. Ma soprattutto è mancata in modo radicale capacità di comunicazione, di linguaggio, capacità di interpretazione delle variazioni della coscienza collettiva, del «sentimento popolare». Per popolari e progressisti valgono le parole con cui il leader 39 laburista britannico Nei! Kinnock commentò, qualche anno fa, !'ennesi· ma sconfitta elettorale: «noi abbiamo sempre difeso gli interessi popolari, ma non abbiamo saputo interpretare i sentimenti popolari». In sé stesso il «sentimento popolare» è un concetto ambiguo, senza dubbio. Ci sono fasi della storia in cui si può anche scegliere di essere dolorosamente e coraggiosamente critici nei confronti del «sentimento popolare» o addirittura si può essere costretti a combattere contro il «sentimentopopolare» dominante. È accaduto ai democratici nel duro confronto con il partito nazista nel '33 o con il peronismo in Argentina. Si può, dunque, anche essere costretti ad andare in minoranza. Ma non si può essere incapaci di leggere e interpre· tare le variazioni della coscienza collettiva, il «sentimento popolare», ap· punto, perché se questo accade la sconfitta comporta proprie colpe, è in·
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