Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

scimo, ma perché non ne condividiamo la concezione politica, la concezione economica e soprattutto perché non lo crediamo ideoneo ad assicurare al Paese quella libertà di espressione e parità dei cittadini dinanzi all'informazione, che è la base della democrazia. Ovviamente questo è solo un giudizio basato su parole e progetti: saranno i fatti a confermarcelo o a farcelo mutare. Credo sia sempre più possibile un dialogo costruttivo con la Lega, proprio per il suo carattere popolare e per il rifiuto di accogliere nelle sue file i riciclati dei vecchi partiti. Per quanto riguarda i rapporti con il Pds penso che si debba in modo chiaro ed esplicito iniziare una nuova fase di dialogo al fine di condurre questo partito, anche nel Lazio, su posizioni più «centrali» rispetto a tentazioni massimaliste. Là ove la sinistra infatti non riesce a liberarsi da contenuti ideologici, prassi e stili di matrice socialcomunista, non è solo opportuno, ma, a mio parere, doveroso, contrapporle uno schieramento di uomini nuovi che si pongano insieme in alternativa ad essa. La minaccia maggiore infatti al progetto di costituire una grande «allean- {)!J,BIANCO ~ILROSSO • •X♦~'ffl i 8 ;J za di governo» popolare, democratica, innovatrice, che basi sul rispetto del Creato, sulla valorizzazione della persona nel suo contesto familiare e sulla giustizia sociale, il progresso del Paese, viene dai nostalgici del comunismo e da coloro che non si sono del tutto liberati con coraggio e profonda capacità critica da atteggiamenti, strutture mentali, interessi, nostalgie ideologiche, e modalità di lotta cari al vecchio Pci e ad alcune frange del Psi. Il Pds, dopo il coraggioso gesto di Occhetto di staccarsi da chi voleva rifondare il comunismo in Italia (anche se con volto umano), spero che sia oggi in grado di fare un ulteriore passo avanti rinunciando alla tentazione di guidare in modo egemone la sinistra, togliendo quella «bandierina con falce e martello» dal tronco della quercia. In questo modo è venuta a generarsi nel Paese un'ondata anticomunista incomprensibile dopo la caduta dei regimi dell'Est. In questo forse sta l'errore più grave di un uomo come Occhetto che, senza dubbio, ha il grande merito di aver continuato l'opera di Berlinguer di rifondare il partito di cultura operaia. Se il Pds però persistesse nell'errore di mirare più a conservare lo zoccolo 35 duro del suo tradizionale consenso piuttosto che inventarsi un futuro diverso, rischierebbe di apparire, come noi Popolari, legato irrimediabilmente con uomini e stili ad un passato che la gente non accetta più. Se ciò accadesse la possibilità di creare un grande raggruppamento democratico e di sinistra, alternativo alla destra, rischierebbe di fallire. Al Ppi il compito prioritario di essere fermento, oltre che della propria, anche della «conversione» dello stesso Pds, non intervenendo con giudizi (sempre inopportuni e spesso avventati) sulle sue problematiche di rinnovamento dei vertici, quanto con il moltiplicare sul piano locale incontri e confronti alla ricerca di ciò che unisce più che di ciò che divide. È quindi opportuno che si inizi con coraggio una lunga marcia, facendoci prioritario strumento di aggregazione e di dialogo aprendo fino da oggi una collaborazione attiva con i cattolici militanti e no in altri partiti, primo fra tutti i Cristiano-Sociali, al fine di creare nell'area dell'opposizione una alternativa di governo profetica e innovatrice rispetto all'attuale governo, che appare fino ad oggi espressione della destra economica e conservatrice.

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