Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

Ritrovarci in modo informale, ma con spirito costantemente vigile ed aperto per confrontarci laicamente sulla base di una identità di fede comune, sulle questioni vitali della deD.!J.. BIANCO ~ILROSSO 1111 ).. # 8111 mocrazia che in questi ultimi mesi sono emerse persino drammaticamente. E poi promuovere un confronto più diretto e diffusoa livello di base, per sollecitare appunto la coscienza dell'elettore cristiano ad esprimersi in tutta la sua dignità, contribuendo così a promuovere davvero la sovranità popolare tanto enfaticamente richiamata soprattutto in questi ultimi tempi. Perunfuturocredibile:il «Rosso» ripensato, il«Biancop»urificato p arto dal rosso. Ossia dal polo progressista così come si è presentato agli elettori per le politiche del 27-28marzo scorso. A mente fredda, anche se le ferite della sconfitta bruciano ancora, si può tentare di analizzare luci e ombre del!'esperienza dei progressisti. Sì, qualche aspetto positivo c'è pur stato: una convergenza su un'embrionale proposta politica comune che era impensabile fino a sei mesi fa; il superamento di velleità antisistema (la proposta di tassare i Bot, per quanto inopportuna, non può essere scambiata per la rivoluzione d'ottobre), lo sforzoper gettarsi alle spalle pratiche consociative e logiche di apparato così diffuse nel passato. Le ombre sono state tante e ormai a tutti note. Si è trattato soprattutto di un'esperienza troppo appiattita su Pds e Rifondazione Comunista, forze che sono riuscite a tenere organizzativamente nel passaggio di regime, forze che però è stato impossibile presentare come nuove. Proprio questo fatto ha permesso a Berlusconi e soci non solo di lanciare la campagna stile 1948 contro il pericolo comunista, ma anche di presentate coloro che non avevano mai governato come i difensori del passato e come i responsabili primi di Tangentopoli. L'alleanza non ha sadi Giovanni Colombo puto esprimere una leadership credibile (continuare a citare Ciampi è stato un autogol); non ha saputo interpretare le dinamiche sociali e le istanze provenienti dal mondo dell'imprenditoria, ed è quindi rimasta totalmente spiazzata nel Nord del Paese. In sintesi, l'esperienza dei progressisti ha manifestato da un lato tutto il deficit di politica accumulato nei terribili anni ottanta e, dall'altro, tutta l'urgenza di reinventare una sinistra: una sinistra del duemila, moderna e convincente per uomini e per programmi, che non abbia nulla da spartire né con la sinistra ideologica, quella dell'Est, né con quella consociativa ed affaristica. Per questo si tratta di aprire un cantiere, chiamando a raccolta energie e risorse umane e intellettuali. Ormai è chiaro: l'area progressista italiana non può racchiudersi nella ripresentazione pura e semplice dell'eredità della sinistra storica. Deve inevitabilmente allargarsi ed arricchirsi. In questa linea, è necessario parlare del bianco, ossia dei cattolici. Non di tutti, ovviamente, ma dei cattolici democratici. Espressione ormai abusata ma che può essere ancora utile per definire quei cattolici che fondano il proprio impegno politico su due pilastri: una forte coscienza della laicità della politica e un audace riformismo, centrato su equilibri avanzati tra Stato e 25 società, masse ed élites, uguaglianza e libertà. Nel polo progressista, occorre ricordarlo, una presenza di cattolici già si è espressa. Ci sono coloro che da tempo stanno lavorando all'interno del Partito democratico della sinistra, o sulla base dell'eredità di lontane impostazioni culturali rodaniane o sulla più recente scelta di contribuire alla nascita di un partito nuovo dopo la svolta del 1989. Ci sono quelli che hanno condiviso il percorso politico dei verdi. C'è chi come me ha contribuito a strutturare la vicenda pluralistica del Movimento per la democrazia - La Rete. Ci sono i Cristiano-Sociali, un nome un po' arcaico che però diventa impegno più che mai attuale per non disperdere e per rilanciare una tradizione di impegno sociale. Ci sono i membri e gli animatori dei gruppi locali di impegno politico, delle associazioni di volontariato, dei circoli culturali, del tradizionale associazionismo cattolico che si sono messi, soprattutto durante le amministrative nelle grandi città, sulla lunghezza d'onda progressista. Né i risultati elettorali di marzo né quelli delle europee hanno però permesso di fornire un'immagine adeguala di questa capillare e importante presenza. Si rischia di essere alla fine, tutti quanti, solo delle schegge. È perciò necessario che si faccia

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