<lamento democratico. Alcuni settori della attuale maggioranza di governo, specie i settori vicini al Presidente del Consiglio, avrebbero probabilmente tutto l'interesse ad accelerare i tempi di questa fase, riducendo le asperità del cambiamento, per poter presentarsi al paese con buone chances di essere i protagonisti della fase di consolidamento. Sarebbe quasi un processo di «democristianizzazione» entro tempi non più dominati dalla logica della guerra fredda, ma sempre segnati dalla storica incapacità di affermazione della sinistra nella esperienza italiana. I primi segnali di azione e di comportamento della maggioranza fanno tuttavia ritenere che non sarà facile questa accelerazione dei tempi. Le divisioni di una compagine eterogenea, dopo i giorni della vittoria, iniziano a farsi valere. E a questo si aggiunge la possibilità che si apra una offensiva istituzionale di tipo più o meno federalista da parte delle forze politiche localistiche, desiderose di evitare il rischio di omologazione all'interno della forza di maggioranza relativa. Una offensiva che potrà generare reazioni politiche e sociali. Tutto fa pensare perciò che i tempi della transizione saranno piuttosto lunghi, e incerti. È questo il quadro entro il quale si collocherà l'esperienza e la cultura che una rivista come «Il Bianco e il Rosso»ha rappresentato in tutti questi anni, prima attraverso la formula associativa di «Riformismoe Solidarietà», poi con il movimento dei «CristianoSociali». L'obiettivo di questa esperienza è stato quello di condurre nella sinistra politica riformista quella parte del mondo cattolico che univa ad uno straordinario patrimonio di presenza attiva nella organizzazione della società civile (dai sindacati al volontariato) una singolare debolezza politica. Una debolezza frutto dell'ondeggiamento fra la tradizionale fedeltà ai settori popolari della Democrazia Cristiana, e l'attrazione verso quei settori della sinistra orientati dallo spirito della militanza, talvolta dal massimalismo, sempre dal rigorismo o dogmatismo ideologici. A questo obiettivo si univa una esigenza di trasformazione {),LLBIANCO o.L, IL ROSSO OXfM0HA della cultura e della pratica politiche della sinistra. Una sinistra segnata, nelle componenti socialiste da un debole radicamento sociale (la debolezza che le ha condotte alla scomparsa, al di là delle colpe dei leaders), nelle componenti comuniste da eccessi derivanti dalla cultura egemonica di partito. Il primo obiettivo aveva un avversario storico da superare: l'unità politica dei cattolici. Ed è questo un avversario che si è di fatto dissolto nel corso delle ultime vicende elettorali. Non vorrei sbagliarmi ma mi sembra questo l'unico avvenimento veramente positivo per la vita democratica del paese verificatosi negli ultimi tempi. I cittadini credenti non mostrano più una accentuata deferenza verso le indicazioni di voto (esplicite o sussurrate) delle gerarchie ecclesiastiche. Le posizioni politiche di questi ultimi sembrano contare più ai fini degli schieramenti interni alla gerarchia stessa, che per l'orientamento degli elettori. Non ci sono dubbi sulla portata di modernizzazione di questa trasformazione; che poi essa avvenga in una fase per molti aspetti post-moderna è un fattonon privo di conseguenze, ma che sono al di fuoridella nostra portata di intervento. Il secondo obiettivo, la trasformazione della sinistra, è ancora tutto da 23 realizzare. In quest'ambito l'esperienza e la cultura rappresentata da «Il Bianco e il Rosso»possono giocare un ruolo importante a patto che non si accontentino di qualificarsi come sorta di «coscienza critica» (anche questa mi accorgo è una espressione un poco desueta) o di presenza simbolica nello schieramento, una sorte di riedizione della vicenda dei cattolici nella sinistra indipendente degli anni settanta e ottanta. L'apporto potrà essere piuttosto quello verso la costruzione di nuovi rapporti fra politica e cittadini, di una nuova democrazia dei cittadini che succeda al lungo periodo della democrazia dei partiti secondo l'espressione efficace e semplice usata da Pietro Scoppola nel!'editoriale dell'ultimo numero della rivista. In questa costruzione l'esperienza e la cultura rappresentata da «Il Bianco e il Rosso»hanno molto da dire. Pochi hanno un tale gusto per l'organizzazione della società civile, per le relazioni pluraliste, per un rapporto fra società e politica che non sia segnato dalle pretese egemoniche della seconda. Un rapporto che si ispiri in qualche modo alle parti più significative delle vicende che hanno condotto al!'affermazione di nuovi schieramenti democratici nelle elezioni amministrative. Resterebbe un altro compito da assumersi, secondo alcuni. Quello di favorire il traghetto verso le posizioni democratiche-progressiste di quelle forze residue della Democrazia Cristiana, non disponibili a cedere agli irresistibili richiami di integrazione nella nuova maggioranza, al seguito di un elettorato che ha già in buona parte ceduto a questo richiamo. Il compito è certo importante, ma sarebbe paradossale che per assolverlo ci si richiamasse a qualcosa di simile all'unità politica dei cattolici (in questo caso pochi ma buoni), cioè all'avversario dissoltosi. Le scelte di queste forze dovranno in primo luogo nascere sulla base delle esigenze nate dalle logich imposte delle nuove competizioni elettorali. Solo in questo modo si daranno apporti consistenti al superamento del «teorema di impossibilità» per la sinistra italiana.
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