- a rappresentare e ad esprimere interessi particolari e locali. Occorre una visione d'insieme della polis, della Repubblica, della collettività nazionale e internazionale, del bene comune nei suoi vari livelli. Per questo si pone una questione di cultura e di pratica politica che sia all'altezza dei compiti e delle sfide. Ma in Italia alla crisi della formapartito si aggiunge la crisi della forma-Stato. La gravità particolare di questa sfida non ha bisogno di sottolineature proprio per la sua evidenza. L'Episcopato italiano ha dimostrato di essere pienamente consapevole di questa situazione. La XLII Settimana sociale dei cattolici, aveva infatti per tema «Identità nazionale, democrazia, bene comune». Lo stesso Pontefice ha sollecitato la Chiesa italiana alla Grande Preghiera, proprio allo scopo di rinforzare l'unità e l'identità della nostra Nazione. La crisi della coscienza nazionale è un fatto globale che interessa tutti i livelli della vita sociale. La lacerazione del tessuto nazionale e il venire meno del principio - che è anche economico, non solo morale - del bene comune ci sollecita come cat- {),lLBIANCO ~ILROSSO 11111 §§019 tolici a collocarci nel cuore dello scontro in atto nel paese, individuando nel Federalismo il nucleo unificante di tutta una serie di iniziative e di proposte di cui possiamo farci promotori, riconquistando in questo modo quella posizione di «centro» che ci ha caratterizzato lungo tutto questo mezzo secolo di storia. Non possiamo lasciare ad altre forze politiche il monopolio del dibattito istituzionale sulle riforme dello Stato. Non possiamo più limitarci a difendere questa forma di Stato contro ogni proposta di cambiamento in senso federale. Il confronto sul Federalismo ci deve vedere protagonisti. Non ·abbiamo ragioni storiche né ideali per una contrapposizione pregiudiziale all'ipotesi di uno Stato federale. Noi vogliamo confrontarci con gli altri, avanzando una nostra idea di federalismo, senza alcun complessb di inferiorità, La mia personale convinzione è che i cattolici debbano andare all'attacco su questo punto e non limitarsi a giocare di rimessa. In questa prospettiva uno degli obiettivi dei cattolici in politica è appunto quello di creare un fronte comune con tutti gli altri soggetti politici e sociali che si riconoscono in un federalismo dei quattro pilastri: decentramento, autonomia, unità nazionale, solidarietà nella sussidiarietà. Ognuno di questi pilastri ha la sua ragion d'essere e nessuno di essi può essere ignorato, pena lo snaturamento della stessa idea federalista. Ecco, dunque che cosa vedo per l'impegno politico dei cattolici in questa fase. È importante non isolare i vari segmenti della crisi nell'illusione di poterli comprendere e affrontare meglio (la questione dell'unità, la forma partito, la riforma dello Stato, ecc.). La crisi è globale, complessiva e pertanto si richiede la capacità di gestire la complessità, anche sul piano teorico, senza cercare facili scorciatoie. Anche per i cattolici si può parlare di una «eresia perduta» nella politica, cioè del loro mito, della loro profezia, del loro paradosso che oggi non appare più tale perché è stato completamente assorbito e neutralizzato. È questo, allora, il tempo del «ritrovarsi» senza il quale non vedo alcuna possibilità di ricostruzione e di rinascita. TransizioneC.erto,mabenoltre le incertezze lenebbieattuali s iamo certamente in una fase di transizione fra la prima Repubblica che volge al termine e la seconda che verrà, ma ancora non sappiamo come sarà fatta (e qualcuno dubita che possa abortire). In questo tratto intermedio si accatastano le macerie del sistema preesistente, ultimo arrivato il grande partidi MarioBrutti to di una volta, il Pds ex Pci che in macerie non è, ma somiglia sempre più a una riserva indiana, esposta alle razzie di qualche predatore di passaggio, mentre si consolida un monolito leggibile solo nel suo vertice carismatico, con un paio di puntelli di più o meno dubbia affidabilità. È un ritratto un po' caricato, ma la politica in Italìa sembra sia diventata 18 questo, almeno nelle sue caratteristiche generali, visto che sul territorio delle autonomie locali non tutto è omologabile al modello vincente. Se si aveva qualche dubbio sul significalo di reale discontinuità attribuibile al voto di fine marzo, ci si può mettere tranquilli col voto europeo di giugno, che rende patetica l'immagine di una maggioranza parlamentare
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