tiva delle ristrettezze economiche, carente sotto il profilo della solidarietà e del senso civico, diffidente dello Stato, degli intellettuali, di tutto ciò che va in là della sua ottica ristretta. A questo vasto popolo di piccoli e medi industriali, di commercianti, di liberi professionisti, Berlusconi ha saputo proporsi come interprete naturale dell'aspirazione a mantenere la loro quota di benessere senza pagare il dazio del rigore economico. Ma ciò che più preoccupa, prima ancora della necessità di organizzare un'opposizione politica degna di questo nome, è il dato culturale soggiacente. La Destra che ha vinto le elezioni non è prevalentemente fascista, sebbene un'importante sua componente sia tuttora legata a miti, riti e parole d'ordine di un passato oscuro che vorrebbe ora riproporre da posizioni di forza. Non è neppure, però, aldilà di certi slogans una destra tradizionalistasulmodello«Dio,Patria, Famiglia». Piuttosto, si tratta di una destra economica secolarizzata e grintosa, che nei rapporti con la religione ha un atteggiamento pragmatico ed utilitaristico prima che economico: una destra edonistica e paganeggiante, nel senso di un evidente mammonismo ormai privo di complessi. È proprio questo, aldilà di ogni moralismo, il dato con qui debbono misurarsi sino in fondo le forze di matrice cristiana presenti sulla scena politica, in particolare il Ppi ed i Cristiano-Sociali (il Cccl è una semplice appendice di Forza Italia, la mediocre operazione di potere di soggetti che sono andati a rincorrere i loro voti già emigrati a destra). Gli amici Camiti e Gorrieri sanno bene delle perplessità che io ebbi ad esprimere sulla nascente esperienza cristiano-sociale in tempi non sospetti, quando ero ancora Presidente delle Acli. Credo in qualche modo di poter condividere le perplessità espresse qualche tempo fa sul «Bianco e il Rosso»dal comune amico Gigi Covatta, il quale rilevava l'inanità delle divisioni fra persone che la pensano allo stesso modo nel momento in cui per l'Europa sembrano riaffacciarsi spettri che s1 {)!LBIANCO ~ILROSSO OXfAAOHA credevano ormai ampiamente debellati: la disoccupazione di massa, il razziso, il fascismo... Le varie tornate elettorali hanno sortito l'effetto di darci tristemente ragione, mandando al potere quella che Ferdinando Adornato ha definito una «modernità senza civilizzazione». Noi cattolici democratici, popolari e sociali, noi riformisti, ambientalisti, noi democratici senza etichette siamo rimasti appesi alla nostra «civilizzazione senza modernità», divisi fra di noi dalla sensazione di una sconfitta che, da contingente, può divenire epocale nel momento in cui all'elaborazione del lutto non farà seguito una ripresa di iniziativa. E l'iniziativa non può che nascere dal basso, dalle mille realtà locali che possono diventare altrettanti laboratori di creatività, di ricerca delle ragioni di ricomposizione di un'Area democratica in questo Paese, senza dovere morire nell'alternativa fra essere cespugli all'ombra della Quercia o gardenie all'occhiello del Cavaliere. Pensare quindi che sia possibile non un astratto centrismo come rifiuto delle scelte, come impossibile elisione e/ o rimozione dei contrari, ma una coraggiosa iniziativa riformatrice a tutto campo, che saldi l'impegno sociale e civile con la propositività politica. 16 La lotta contro i monopoli finanziari ed informativi, la ricomposizione dell'unità sindacale, il riconoscimento della soggettività politica dell'associazionismo, l'impegno contro i poteri criminali ed occulti sono elementi di battaglie comuni possibili, entro le quali ricompore una progettualità politica che non rifiuti la modernità ma la innervi di valori autentici e condivisi, creando solidarietà e militanza sul territorio, che possa catalizzare l'aggregazione di nuovi soggeti secondo nuovi percorsi. In questo senso, ciò che pone popolari e Cristiano-Sociali sulla medesima strada è ben più che un esile filo: è l'esplicito convenire su di una tradizione comune, su comuni valori e scelte derivanti da maestri riconosciuti. C'è Sturzo nella storia del Ppi, ma c'è anche in quella dei Cristiano-Sociali, così come nel Dna cristiano-sociale c'è sicuramente la memoria e l'insegnamento di Achille Grandi, ma c'è anche in quello del Ppi. Ci sono soprattutto quel La Pira e quel Dossetti contro i quali è partita una campagna insistente del!'area conservatrice e reazionaria, ben oltre i confini di Forza Italia. Ora le nostre due forze sono distinte, e alle ultime elezioni si sono presentate su spalti diversi: cosa normale, accettabile e perfino logica nella prospettiva del superamento di una concezione monopartitica dell'unità politica dei cattolici, ma destinata ad affrontare nuovi e comuni interrogativi negli anni a venire. Non si tratta di prefigurare nuove alleanze, ma di ricercare gli sbocchi possibili di cammini paralleli, che la comune collocazione all'opposizione dell'attuale Esecutivo non può che rafforzare. La politica, si dice, non è solo testimonianza, ed è vero: ma se la testimonianza non precede la politica e non entra essa stessa nella politica, questa rischia di rimanere senz'anima, di ripiegarsi su se stessa, di non avere più nulla da dire agli uomini. Questo dare anima per creare cose nuove è, in ultima analisi, il senso della presenza politica del cristiano.
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