Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 52 - luglio 1994

nell'insofferenza per l'opposizione, nella richiesta di poteri forti? La destra semplifica e discrimina, offre soluzioni facili ed apparentemente efficaci. La sinistra è chiamata invece ad unire, ricomporre, costruire nuovi equilibri. Un lavoro faticoso che non può limitarsi né alla difesa di uno Stato sociale qual è oggi, inefficiente, burocratizzato, indebitato, né nella sterile rivendicazione di diritti individuali. Cos'altro c'è da dire sui diritti. Ce n'è ormai per tutti i gusti: della donna, dell'handicappato, dell'anziano, del bambino, dell'immigrato, finanche del leone allo zoo. Ma chi ha veramente elaborato una teoria dei doveri, di come cioè garantire, concretizzare i diritti enunciati? É questo il problema della sinistra. L'accoppiata Berlusconi-Guidi l'affronta con furbizia: all'occupazione ci pensino le imprese, ai problemi sociali, le famiglie e - quale originalità! - nella famiglia il ruolo centrale è della donna. Cioè si scarica sul cittadino il disagio e si deresponsabilizza lo Stato. Non può essere questa la via. L'attuazione dei diritti di cittadinanza deve partire da un'assunzione di responsabilità collettiva, nella quale il ruolo O~BIANCO ~ILROSSO 1111 # 111 dello Stato sia chiaro e definito, e sia il presupposto per una feconda collaborazione tra istituzioni e cittadini, anche attraverso quelle forme di volontariato ed associazionismo nelle quali milioni di persone sviluppano una partecipazione attiva e si fanno Stato. Nello stato dei cittadini, quello con la s minuscola, la responsabilità dell'individuo non può essere confinata alla sfera elettorale e fiscale. Ma è la diffusa partecipazione operativa la condizione per un'equa gestione delle risorse, del lavoro, dell'ambiente e di quant'altro possa concorrere alla costruzione del bene comune. Senza segnali forti in questa direzione molto difficilmente potrà mettersi in moto quella costruzione dal basso, quella mobilitazione di forze che tutti auspichiamo. Senza questa chiarezza non si vince nemmeno il sospetto e la timidezza con cui anche le forze più attente del volontariato hanno seguito la vicenda dei progressisti. Guai a non prenderne atto. Sono quelli i naturali alleati, anzi i possibili protagonisti di un movimento popolare che non solo costruisca su solide basi, principi e valori l'alternativa, ma che possa aiutare la sinistra a superare divisioni che guardano più al passato che alle sfide del futuro. Cosi il nuovo schieramento non sarà il frutto di mediazioni orizzontali tra componenti, ma della capacità di queste di misurarsi con quel mondo che oggi più di altri esprime problemi, bisogni, ma anche potenzialità politica. Le nubi neoliberiste si addensano ormai minacciose sulle politiche sociali e va costruita una linea di difesa in tempi che non tollerano tentennamenti. È in grado la sinistra di lanciare un segnale chiaro che impedisca che questo mondo si disgreghi cercando magari mediazioni, approdi o, almeno, nicchie protette nel variegato Polo governativo? Se la sinistra è determinata a ripartire dai problemi della gente, degli emarginati, deve sapere che chi quei problemi li vive sulla pelle non sempre può attendere. Nella nostra tradizione siamo abituati a misurarci con la storia, per il futuro dobbiamo sempre più fare i conti con la cronaca quotidiana. Per questo bisogna che si cominci a segnare un percorso e ci si incammini. Per lo meno chi ha voglia di camminare. Nuoveragioni perlademocraziataliana - I 1voto di marzo e quello di giugno ci hanno riconsegnato il profilo di un'Italia che non conoscevamo fino in fondo. Qualcuno attribuisce tutte le responsabilità a Berlusconi, al - suo fascino subdolo di pifferaio di Hamelin medianico, che avrebbe distratto gli italiani dalla retta via in di Giovanni Bianchi forza della sua schiacciante superiorità sotto il profilo dei mezzi di informazione. Non sono del tutto d'accordo con questa interpretazione, pur convenendo che l'anomala concentrazione di potere politico e potere informativosia un grave rischio per la nostra democrazia, e che al più presto si debba va15 rare una seria e rigorosa legislazione antitrust. Credo però che le ragioni del successo di Berlusconi vengano da più lontano, che in qualche modo cioè esistesse già a livello sociale prima che politico un'Italia profonda che aspettava il suo profeta, un'Italia disimpegnata e passiva, angustiata dalla prospet-

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