Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

{).!J, BIANCO ~ILROSSO iii•ii••ii An:unprogramma«nostalgico» checorrealcentro,manontrova di PietroMerliBrandini iteniamo di essere noi, il nostro mondo (quello del Msi-Dn) i portatori dei valori della nostra civiltà e della cattolicità». Così si apre il programma di Alleanza Nazionale con l'evidente pretesa di fare dell'Msi il partito dei cattolici, deviando il corso secolare della storia dei cattolici in politica. È una contestazione per lo più passata inosservata. Maproseguiamo. La storia dei cattolici democratici rientrerebbe nello «sforzo perverso I...] teso a far perdere al popolo italiano la propria identità storica ed i propri caratteri religiosi, culturali, civili; un processo che negli ultimi 50 anni è stato subdolamente realizzato anche ad opera della Dc che ha affermato di essere l'esclusivo rappresentante politico dei cattolici italiani». I cattolici democratici sconvolgendo la tradizione di fede e di cultura degli italiani, li avrebbe trasformati «in sudditi obbedienti al mondialismo e al consumismo». La Dc si sarebbe fatta complice del tradimento di ogni principio morale, mentre sarebbe stato necessario difendere l'identità culturale e religiosa del passato. In nome della quale, un certo grado di xenofobia, è inevitabile visto che, sotto ciascuno di noi, c'è «sempreun terrone». Non manca l'appello ad una concezione cattolica della famiglia, del diritto alla vita, del controllo della biotecnologia che è certamente un valore comune dei cattolici tutti. Ma al di là di questo, ben al di là del generico antifascismo, le ragioni di una separatezza politica rimangono tutte. Non è qui il caso di approfondire da dove proviene l'accusa ai cattolici democratici di aver tolto l'identità culturale e religiosa al popolo italiano. 7 Un'intera arco di cultura premoderna, che si muove dentro Alleanza Nazionale e non necessariamente di marca fascista, si è sempre preoccupata di sconfessare tutto il presente, dalla rivoluzione francese ed americana, alla democrazia parlamentare, alla industrializzazione, alla modernizzazione. È quella cultura che da decenni si scaglia contro !'«americanismo» inteso come piatto pragmatismo senza valori, subordinazione alla tecnologia, materialismo, consumismo. È la filosofia della «rivoluzione conservatrice» intesa nel senso radicale di «ritorno al passato». Un tormentone che da decenni scuote inutilmente l'Europa. Discorso che nasce e muore tra élites intellettuali anche se nella più totale estraneità dei popoli. «Una conservazione senza passato, una rivoluzione senza futuro» così qualcuno nella storia della cultura di destra ha rappresentato il dramma del doppio suicidio della cultura conservatrice da una parte e della cultura progressista dal- !' altra. Eppure, sempre da destra si annota che proprio nella sconfitta della progettualità rivoluzionaria e della fedeltà conservatrice trionferebbe il consumismo. Con l'evidente validità del reciproco: il consumismo può essere vinto solo, o con una progettualità rivoluzionaria o con una rigida fedeltà conservatrice. Si dirà che queste sono riflessioni di intellettuali portati mentalmente a portare i ragionamenti al limite. Sarà un caso ma in queste elezioni si sono presentati schieramenti a destra e sinistra, nei quali non si può escludere, che queste categorie storiche cerchino di riemergere e di affermarsi. È in questa cornice che vanno ricordate le accuse di pragmatismo e di americanismo rivolte alla Dc, ad esempio da Baget Bozzo. Galli della

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