Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

lo sforzo di fornire una risposta alla domanda che ci siamo posti. Per compiere questo passaggio è necessario interrogarsi su quale può essere il tema aggregante che possa aiutare a superare il sentimento diffuso di disaffezione verso gli ideali europeisti. In questi anni il contesto comunitario si è profondamente trasformato, ma la filosofiadi fondo che ha portato alla firma del Trattato di Roma è rimasta sostanzialmente immutata e non ha conosciuto un'elaborazione adeguata ai cambiamenti avvenuti nel corso di questi decenni. L'obiettivo principale dei paesi firmatari è di fatto rimasto quello di realizzare l'unità economica. La focalizzazione degli sforzi in questo senso è stata giustificata dalla convinzione che la sostanziale unificazione dei mercati avrebbe innescato un processo a catena che avrebbe determinato anche la convergenza dei sistemi socioculturali e di quelli normativi. Con il procedere dell'integrazione economica si è fatta comunque strada la convinzione - e di questo sembrano aver preso atto anche le competenti sedi governative - che occorra rivedere questo assioma. L'insoddisfazione per questa opzione «minimale si è manifestata in un protagonismo dell'opinione pubblica. Come si è già ricordato, per una lunga fase la «voglia di Europa» si è espressa innanzitutto nell'obiettivo politico della costruzione delle istituzioni comunitarie. L'impasse in cui è caduta questa prospettiva ha comunque evidenziato come il problema del deficit di democrazia sia solo in parte un fatto politico-istituzionale ma sia soprattutto il dato prevalente dell'ambito sociale. Malgrado le diverse prese di posizione poco è fino ad ora cambiato. Non a caso l'Atto Unico Europeo non ha modificato sostanzialmente l'approccio economicista, anche se nella approvazione di alcuni suoi articoli si è voluto leggere una prima sostanziale presa d'atto dell'importanza delle politiche sociali2. In questo contesto l'adozione da parte del Consiglio Europeo della Carta comunitaria dei diritti sociali D!LBIANCO o.l., ILROSSO • I HQ ;u 12101 i•~ < 11~• nH fondamentali dei lavoratori assume un valore tutto particolare che va al di là del contenuto dell'atto stesso3 . Lo stesso vertice di Maastricht, pur con le sue importanti acquisizioni, ha eluso i problemi centrali dell'Europa sociale. Il problema dell'affermazione di una dimensione sociale europea non può più essere eluso. Essa va costruita con atti coscienti poiché i fatti hanno dimostrato che non può discendere in modo deterministico dal processo di unificazione economica. Questo comporta una modifica dell'impostazione che fino ad ora ha guidato le politiche sociali comunitarie facendole coincidere con misure di politica attiva del lavoro o di riequilibrio degli squilibri territoriali. È nostra convinzione invece che si debba inevitabilmente andare verso un'assunzione da parte degli organismi comunitari dei grossi temi della politica sociale anche se ciò probabilmente troverà molti ostacoli sul proprio cammino. La costruzione della dimensione so56 ciale dell'Europa può così diventare il terreno sul quale aggregare nuove energie e grazie al quale sarà possibile far compiere un salto di qualità alla prospettiva europea. Per questo è però necessario evitare di riprodurre quell'atteggiamento di delega di cui abbiamo avuto modo di parlare. La battaglia per la costruzione di una vera politica sociale europea non è infatti solo un problema tecnico, ma è prima di tutto una questione eminentemente politica. Si deve allora avere consapevolezza che la determinazione di una politica sociale non può essere la semplice risultante dell'aggregazione dei singoli sistemi nazionali. Il che significa che occorre assumere a livello centralizzato le grandi questioni del welfare state e in particolare delle tematiche assistenziali e previdenziali. La credibilità di una batttaglia per la costruzione di una politica sociale comunitaria dipende dalla capacità di realizzare un progetto di intervento che sappia affrontare i grossi temi della riforma del welfare. Tra questi in particolare il più presente, anche per il suo valore emblematico, riguarda le tematiche pensionistiche. Questa nostra convinzione è motivata da tre ordini di fattori. In primo luogo le politiche previdenziali si differenziano da tutte le altre misure di carattere sociale in quanto inglobano un riferimento temporale molto ampio. Questa caratteristica assume un connotato particolare in un quadro di riferimento sovrannazionale caratterizzato da forti elementi di mobilità spaziale, garantita tra l'altro dalle norme comunitarie. Il secondo ordine di ragioni che giustifica la centralità del problema pensionistico, è associato al processo di invecchiamento della popolazione che interessa tutti i paesi industrializzati e che ha origine nelle radicali modifiche nei trend demografici. Tale invecchiamento agisce quindi sui sistemi previdenziali modificando profondamente il rapporto tra gli assicurati che versano rcontributi e quelli che ricevono le prestazioni. Allo stesso tempo però questo fenomeno trasforma il

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