Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

L'EUROPA E IL MONDO Nuovageo-politicaegeo-economia: ilrischiodelvero«fascismo» e i sono di certo tante buone ragioni che spiegano la sconfitta della sinistra alle recenti elezioni italiane. Una di queste è l'assenza di una analisi e di una proposta politica sull'Europa. Eppure avvertimenti non sono mancati e in tempo debito. Sul numero 23/1991 di questa rivista Pierre Camiti scrivera: «In Italia siamo tutti europeisti. La retorica europeista dilaga. In compenso non sappiamo nulla e ci disinteressiamo del tipo di Europa che si va costruendo». Una nuova occasione di riflessione critica e di ripensamento sul problema era stata fornita alla vigilia delle elezioni dalla pubblicazione del Libro Bianco dell'Unione Europea su «crescita, concorrenza e occupazione». Ma è come se l'encefalografia della sinistra e dei «progressisti» in genere si fosse appiattito su dichiarazioni di fedeltà a Mastricht, vaghe quanto inutili. Se la sconfitta può servire a qualcosa è a riprendere a pensare e capire, premessa necessaria per ogni politica. I problemi della crescila nella Comunità Europea vennero affrontati negli anni ottanta sulla base di un documento noto come il Piano Cecchini («il mercato interno») dal nome del curatore. La qualità di quel piano fu quella di partire dai problemi irrisolti del di Bruno Amoroso processo di integrazione europea e comunitario e proporre l'apertura di una nuova fase guidata da politiche di integrazione ulteriore dei mercati e orientata alla crescita. Il Libro Bianco di Delors affronta di nuovo i problemi dello sviluppo in Europa. Stessi problemi e stessa prospettiva temporale. Diversa è l'urgenza, data dal fatto che nel frattempo, per i successi e insuccessi delle previsioni avanzate, a cui secondo un certo costume della burocrazia non si dedica alcuna attenzione, la disoccupazione e il disastro socio-ecologico hanno raggiunto livelli che non possono essere ulteriormente ignorati dai governi nazionali e dalla stessa Unione. Rispetto a questo nuovo contesto, richiamato anche nel Libro Bianco, l'analisi e le proposte presentate sono impregnate di giudizi di valore mai presentati e discussi, di valutazioni sullo sviluppo date per scontate, in un continuo rinvio tra fatti e politiche, dal quale ne emerge la «convenzionalità» mentre è più difficile riconoscerne la «saggezza». Il perno di tutta la costruzione ripete lo schema già noto dalle politiche di «aggiustamento strutturale» della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, cioè di un insieme di politiche applicate inizialmente ai paesi del Terzo mondo ed introdotto in modo crescente anche nei paesi europei. Il malessere del!' econo53 mia europea viene ricondotto ai problemi di insufficienza, mancanza di iniziativa, assenza di flessibilità, potenzialità non utilizzate, burocratismi, ecc. La cura proposta è quella del1'«aggiustamento», ben inserita sia nella tradizione del «keynesianismo idraulico» sia in quella asettica ed amministrativa del «nuovo istituzionalismo»e funzionalismo. Le strutture in se non vengono mai discusse, il concetto di potere sopravvive nella forma più indistinta di quello di «interesse». Il primo ha bisogno di legittimazione, il secondo è una pura constatazione. L'impatto di questo «nuovo» modo di pensare sulle istituzioni e sul concetto stesso di democrazia è molto forte e facilmente deducibile. Soprattutto non suscita interrogativi di fondo ma solo l'esigenza di farle funzionare. La sproporzione che così si manifesta tra l'ampiezza e la profondità dei mutamenti annunciati (la globalizzazione dell'economia e delle tecnologie e la fine della guerra fredda) da un lato e le implicazioni teoriche e politiche dall'altro è stridente. Mi limito a tre esempi illustrativi. Il primo riguarda il cambiamento radicale verificatosi nel modo di funzionare del capitalismo a livello mondiale. Si è passati nel corso degli ultimi venti anni da un processo di accumulazione estroverso, rivolto alla ri-

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