Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

zarsi verso i due partiti più forti, che sono poi quelli in più nello contrasto tra loro. Prima di passare a considerare riforme di più ampio respiro non ci si può esimere dall'osservare come sarebbe assai manchevole l'indagine che ci è stata proposta se si prendessero in considerazione solo i problemi dell'organizzazione dei supremi poteri di direzione politica e si trascurasse la considerazione dell'apparato esecutivo che assume rilievo non minore. Infatti conseguire un migliore funzionamento degli organi legislativi e di governo varrebbe poco se non si accompagnasse ad esso un'efficiente azione dell'amministrazione. Constatiamo tutti i giorni il penoso fenomeno di leggi, nei settori più importanti e delicati, che non trovano esecuzione, o ne trovano una monca, tardiva, insufficiente così da far venire meno o gravemente pregiudicare i risultati benefici che se ne sarebbero potuti attendere. Inutile doppione il Senato Volgendo ora lo sguardo ad auspicabili riforme costituzionali occorrerebbe in primo luogo pensare a congegni che sembrano resi necessari dal pluralismo sociale e dalla corrispondente esigenza di rifletterlo nell'organizzazione dello Stato in modo meglio adeguato di quanto non avvenga col sistema vigente di formazione della rappresentanza politica sulla esclusiva base partitica. Ricordo che alla Costituente io, quale relatore della parte del progetto di Costituzione riguardante il parlamento, fui tenace sostenitore di un'integrazione della rappresentanza stessa che avrebbe dovuto effettuarsi ponendo accanto alla Camera dei deputati un Senato formato, su base regionale, da rappresentanti delle varie attività socialmente rilevanti. Non è il caso di ricordare i particolari delle proposte allora fatte bastando richiamarsi al fine che intendevano conseguire, di creare un consesso che riflettesse, per ogni regione, le grandi categorie degli interessi economici, professionali, culturali. {)!LBIANCO a-l, ILROSSO 11181P1~•M~N Kt 1 Sembrava che alla determinazione dell'interesse generale meglio si potesse giungere consentendo ad ognuna delle categorie di interessi particolari (di categoria e territoriali) di far sentire la propria voce in un pubblico e libero dibattito e attraverso un contraddittorio potesse giungersi a sintesi politiche meglio aderenti a situazioni reali, ad un rapporto di forze meglio equilibrale. Sotto un altro aspetto poi una Camera che fosse rappresentativa dei nuclei regionali offrirebbe il grande vantaggio di fornire quello strumento di coordinamento fra essi e lo Stato che attualmente fa difetto, e che invece si palesa essenzialmente per conciliare le esigenze autonomistiche con quelle unitarie. Non sono da nascondere le difficoltà pratiche offerte da questo tipo di rappresentanza, ma sembra che sia in questa direzione a cui bisogna avvicinarsi per dare una ragion d'essere ad una seconda camera, che non sia, come avviene per l'attuale Senato, un inutile doppione della prima. Un'altra modifica, sia pure marginale, della Carla costituzionale dovrebbe, a mio avviso, effettuarsi procedendo all'abrogazione del terzo comma dell'art. 72, sopprimendo cioè il potere deliberante delle Commissioni parlamentari, non riconosciuto da nessuna altra Costituzione ed ereditato dalla Camera dei fasci e delle corporazioni. L'esperienza ha dimostrato che la maggiore mole dell'attività legislativa si è riversala sulle Commissioni e che tale forma di legiferazione, priva della garanzia di pubblicità e meno controllala dal Governo, pur responsabile dell'indirizzo politico generale, facilita l'approvazione di iniziative di carattere settoriale, le famigerate «leggine» fonte di grave disordine, e peggio ancora di forte aggravio finanziario data l'elusione dell'obbligo imposto dall'art. 81 di indicare, in ogni legge che importi nuove o maggiori spese, i mezzi per farvi fronte. Sarei anche favorevole (in correlazione con le esigenze per ultimo prospettale) all'imposizione di un limite all'iniziativa 40 legislativa parlamentare, nel senso di precluderla negli ultimi sei mesi antecedenti alla fine della legislatura, quando essa comporli comunque nuove o maggiori spese. Penso anche di poter concordare con l'opinione di Sandulli circa la soppressione del secondo comma dell'art. 88 che vieta al Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere nei 6 mesiprecedenti la fine del suo mandalo. Passando per ultimo all'argomento intorno al quale più si concentra l'appassionata attenzione dei riformatori, relativo agli strumenti meglio idonei a sottrarre il Governo dello Stato all'attuale instabilità, è da osservare preliminarmente come sarebbe illusorio attendere questo risultalo dalla semplice adozione, secondo una proposta, di una forma di governo, «presidenziale», o secondo l'altra, della diversa forma di governo «a primo ministro» quale si otterrebbe con il ricorso all'elezione diretta popolare del Presidente del Consiglio dei Ministri. E chiaro che, se per stabilità si intenda non già la permanenza degli stessi titolari in una carica per una certa durata, ma la possibilità dello spiegarsi di una armonica e coerente direzione politica per il periodo di tempo necessario al suo svolgimento e sempreché non si vogliano concentrare lutti i poteri in un solo organo, occorre fare i conti con gli altri organi chiamati a collaborare, con il Capo elettivo, alle funzioni a lui affidale, specie quando esse riguardino il settore della legislazione e quello della gestione del bilancio per la spesa pubblica. Sappiamo tutti come il regime presidenziale nord-americano riesca a superare, di massima, le difficoltà che nascono dalla diversità degli orientamenti che spesso (come attualmente) si verificano per la coesistenza di un Presidente e di un Congresso rappresentativi di partiti diversi: ed è pertanto da chiedersi come ad esse si possa far fronte quando, come da noi, manchino quelle condizioni, costituite dall'assenza di una vera e propria contrapposizione ideologica fra i due partiti in competizione, e sia, perciò stes-

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