Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

Quanto al primo punto, devo confessare che non credo troppo alla congruenza di misure che tendessero a conferire al partito un assetto interno più conforme ai canoni della democrazia, secondo quanto prospettato dal prof. Sandulli. I partiti sono organismi indirizzati alla lotta per la conquista del potere e quindi naturalmente portati a darsi quelle strutture oligarchiche meglio idonee ad assicurare loro il successo nella competizione di ciascuno con gli altri. Si potrebbe piuttosto intervenire con riguardo all'esercizio di quelle funzioni che più direttamente si riflettono sull'interesse generale. Selezione delle capacità Questo può dirsi per la selezione delle capacità qual è affidata ai partiti quando si fa dipendere dalle loro scelte la designazione dei candidati a cariche politiche da sottoporre agli elettori. Si potrebbero seguire due vie (che sarebbero anche percorribili insieme e non già alternativamente). Una di esse consiste nel condizionare la scelta dei candidati all'appartenenza a determinate categorie, dalla quale sia argomentabile il possesso di conoscenze e di esperienze atte a garantire un buon adempimento della funzione cui aspirano. Ricordo che alla Costituente si discusse lungamente su questo punto, in presenza della proposta che era stata presentata di limitare l'eleggibilità a senatore ai cittadini qualificati dall'appartenenza a determinate categorie, nella presunzione chetale appartenenza fosse indice di maggiore idoneità all'esercizio della funzionealla quale erano destinati. La proposta venne poi abbandonata per la difficoltà che si manifestò a trovare un criterio soddisfacente per la determinazione delle categorie in parola, data la ricchezza di articolazioni della società moderna, da ciascuna delle quali sarebbe da trarre elementi di presunzione di capacità. Sembra però che le difficoltà allora fatte valere non siano decisive e non debbano scoraggiare dal riprendere il discorso allora chiuso. L'altra via, cui si è accennato, ri- {)!LBIANCO ~ILROSSO 11X1NP~•H~ICH guarda il procedimento di scelta della candidatura, che occorrerebbe sottrarre all'attuale esclusivo monopolio della direzione centrale o di quella delle suddivisioni locali, per trasferirla al giudizio degli appartenenti al partito, i quali dovrebbero esprimerlo in un pubblico dibattito, avente ad oggetto l'esame dei meriti e dei demeriti dei candidati, anche sotto l'aspetto delle responsabilità di quelli fra essi cessati dal mandato già esercitato. Non si dica che tale proposta si pone in contrasto con quanto prima affermato sull'inerenza al partito di un'esigenza di autonomia, poiché qui non si tratta di fare intervenire autorità estranee nel funzionamento del partito, ma solo di valorizzare l'apporto dell'elemento personale del partito stesso, nella designazione del proprio fiduciario. Sempre nello stesso ordine di esigenze è da ricordare la proposta di Basso di riservare un certo numero di seggi alla cooptazione da parte dei gruppi rappresentati in parlamento: misura che può considerarsi sostanzialmente equivalente nei risultati, a quella del collegio unico nazionale, con liste precostituite, in cui gli iscritti siano ordinati secondo il grado del rilievo politico attribuito a ciascuno; ma che rispetto a questa presenta il vantaggio di non affidare alla sorte il modo di utilizzazione dei cosiddetti «resti>,ma di farli riversare a favore di candidati forniti di speciale qualificazione, senza riguardo ai suffragi ottenuti nei singoli collegi circoscrizionali. Sempre nell'ordine dei mutamenti realizzabili senza il ricorso a emendamenti costituzionali, il pensiero va ai sistemi elettorali, cui ci si può rivolgere avendo di mira due obiettivi: contrastare in qualche modo il frazionamento politico e promuovere le coalizioni fra partiti affini, già fin dalla fase elettorale, allo scopo di facilitare la formazione di governi meno instabili. L'adozione di quella che i tedeschi chiamano «Sperrklauseln», cioè l'introduzione di un quorum, di un limite minimo di voti da ottenere da un partito perché possa aspirare al riparto dei seggi, sembra faccia incorrere nel pe39 ricolo di cristallizzare lo schieramento partitico scoraggiando la formazione di nuovi gruppi, che pure potrebbero essere apportatori di orientamenti benefici, nonché nell'altro di accentuare la tendenza alla moltiplicazione delle correnti in seno ad ogni partito che (come si è notato) è anch'essa fonte non meno grave di immobilismo e di instabilità. Quanto poi all'altro possibile obiettivo le riforme si presentano anche più ardue perché dovrebbero muovere dall'abbandono del sistema proporzionale per l'adozione di altri del tipo uninominalistico. Sono stati prospettati i vantaggi di quello a doppio turno, limitando l'elezione al primo scrutinio solo ai candidati che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta, ma sembra da accogliere solo a patto di una alta partecipazione degli elettori al voto dovendosi cioè richiedere un quorum di votanti. Il ricorso al secondo scrutinio, nel caso che la maggioranza assoluta non venga raggiunta (al quale dovrebbero essere ammessi solo i due candidati che abbiano riportato le più alte votazioni) offre la possibilità della formazione di intese fra ciascuno dei due partiti rimasti in lizza e quelli minori esclusi dalla nuova votazione, intese le quali si presumono suscettibili di prolungarsi oltre il momento della elezione, e così agevolare nella sede parlamentare la formazione di solide coalizioni di governo, dalle quali sarebbe da attendere una maggiore stabilità nella vita del governo. Nulla si può desumere al riguardo dall'esperienza della Francia (rimasta più a lungo fedele al sistema ora richiamato) perché l'esito delle elezioni del 1958, nel senso della riduzione delle ali estreme dello schieramento politico e del concentramento dei voti ai partiti di centro, è da ritenere dovuto all'influenza esercitata dalla personalità di De Gaulle, in quel determinato momento della situazione del Paese. Sembra lecito il dubbio se l'adozione del sistema in una situazione diversa, come quella italiana, non esponga al pericolo di una radicalizzazione della lotta politica, per la presumibile tendenza dei voti ad indiriz-

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