Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO 111 •}.1) 1 8 ;J Riforme:maggioranzaindifficoltà. Mal'opposizionesaquelchevuole? s e la politica istituzionale non è mai stata del tutto svincolata dalle strategie partigiane dei singoli attori (partiti e leaders), così continuerà ad essere - a maggior ragione - nel prossimo futuro. Mentre a partire dal referendum del 18 aprile '93 e fino a pochi mesi fa i parlamentari potevano agire sotto un relativo velo di ignoranza circa gli effetti politici delle innovazioni istituzionali ed anche con un relativo disinteresse (se non quello di procrastinare la fine anticipata della legislatura) oggi le cose sono decisamente cambiate. Le innovazioni istituzionali cominciano ad essere percepite come delle possibili risorse da impiegare per consolidare (o incrinare) il processo già avviato di riallineamento delle fedeltà partitiche ed elettorali. Ma proprio per questo motivo, peraltro, la credenza secondo cui la coalizione di governo tenterà di varare una riforma costituzionale radicale a colpi di maggioranza non mi pare del tutto attendibile. È evidente l'interesse (il cointeresse) di Berlusconi e di Fini nel sostenere una personalizzazione istituzionalizzata della leadership esecutiva (che questa peraltro si declini nella forma di un imprecisato Presidenzialismo di memoria craxiana o di una investitura diretta del Presidente del Consiglio non è ancora dato di sapere). Entrambi hanno molte carte da giocare in una competizione personalizzata ed entrambi - come dimostra la tormentata formazione del Berlusconi 1 - hanno utilità a definire un di Salvatore Vassallo meccanismo che vincoli tutti gli alleati della loro coalizione ad una condotta disciplinata. Ma, e qui sta il punto, non tutti gli alleati e naturalmente non Bossi, saranno disposti a concedere una ridefinzione delle opportunità politiche che di fatto limiti il loro potere di interdizione. Bossi avrebbe potuto farlo in uno scambio tra una concentrazione dei poteri esecutivi (e di coalizione) ed un decentramento di tipo federalista che consegnasse alla Lega il governo del Nord. Ma il no secco posto di fronte alla candidatura di Miglio per il Ministero delle Riforme e la sua sostituzione con il campione della rozzezza intellettuale leghista lasciano prevedere che non sarà facile l'elaborazione, dall'interno dell'esecutivo, di un disegno compiuto. Ma anche se questo dovesse avvenire rimane il quesito: quale dovrebbe essere l'atteggiamento dei progressisti? Non possiamo che notare con una certa tristezza ·l'inclinazione di quanti hanno sempre avversato la strategia riformista ad utilizzare oggi l'argomento della inaffidabilità della maggioranza per tornare indietro rispetto a posizioni che faticosamente sembravano acquisite. L'attuale dirigenza pidiessina fornisce a questo proposito l'esempio più calzante e significativo. Questo gruppo dirigente ha scritto nel programma elettorale del partito - senza alcuna possibilità di smentita - di essere favorevole tanto ad una forma di decentamento regionale ai limiti del federalismo che di un meccanismo di investitura diretta del Presidente del Consiglio. Ma all'indomani delle elezioni, 35 quando questi temi sono stati ripresi - coerentemente con quanto avevano detto in campagna elettorale - dai leaders della coalizione di governo, sono diventati tutto d'un tratto il segnale di una imminente fuoriuscita dal regime democratico. A mio avviso non si tratta di scegliere pregiudizialmente tra una posizione difensiva ed una arrendevole rispetto all'eventuale arroganza della destra. Si tratta di verificare, rispetto alle proposte (di metodo e di merito) che verranno avanzate: a) se esse corrispondono o no al disegno che da anni si persegue - sulla base di argomenti che non è necessario richiamare in questa sede - per rendere chiaramente bipolare e responsabilizzante (per maggioranza ed opposizione) la competizione elettorale; b) quale possa essere l'impatto delle posizioni prese dai progressisti nel corso di questo processo in vista della ridefinizione della loro coalizione di riferimento e della plausibilità che possano candidarsi in futuro a governare; c) se gli incentivi ed i vincoli posti in essere dalle innovazioni istituzionali proposte possano essere o no utili ad una evoluzione della coalizione di riferimento e delle formeorganizzativede!poloprogressista. In altri termini: in primo luogo si devono valutare le proposte senza farsi prendere troppo dalla sindrome dell'incombente pericolo autoritario (criterio [a]), e comunque se proprio dobbiamo giocare in un'ottica partigiana, tanto vale farlo in una prospettiva di medio-lungo periodo (criteri [b] e [cl). Sul primo punto non mi pare siano emerse novità sostanziali che mettano in discussione la preferibilità dell'ipo-

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