Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

stione costituzionale rispetto al «resto» della politica. A differenza di quanto accaduto nel 1946-47, prevedo che ci saranno vincitori e vinti anche in materia costituzionale. (In verità ci furono anche nel 1946-47, ma erano, dal punto di vista della rappresentanza, una minoranza esigua). I progressisti non partono certo ayvantaggiati, e saranno di sicuro tra i perdenti se non sapranno imporre una battaglia di movimento, non puramente difensiva e di contenimento. Potrà essere questa anche la verifica, in qualche misura definitiva, del fatto che l'insiemedella cultura detta progressista lo sia davvero nella sostanza, sia ancora capace di progettualità propulsiva e alternativa. Senza poi trascurare altri due aspetti politicamente rilevanti. Che il terreno costituzionale, per sua stessanatura, può risultare fortemente aggregativo e integrativo di uno schieramento a largo raggio oltre i confini della Sinistra storica; e che la questione costituzionale potrà essere elemento di chiarificazione tra le fila della Sinistra, una cospicua parte della quale appare a dir poco reticente in argomento. Le condizioni oggettive per una battaglia di movimento in materia costituzionale sembrano comunque sussistere, in base a una serie di considerazioni politiche e non dottrinali. La prima e la più ovvia è che le forze componenti l'attuale maggioranza si presen- • • • • .i)!.LBIANCO °"ILROSSO 111 •}.ièf i a ;I tano sull'argomento con idee eterogenee e con interessi divergenti se non contrapposti. Non sarà per loro agevole trovare punti di convergenza reale. Uno di questi potrebbe essere l'interesse comune a rafforzare il potere e ad estendere anche costituzionalmente le prerogative del premier. Ma l'esperienza storica dimostra che tale tendenza può dar luogo ed esiti completamente diversi secondo che venga contemporaneamente attivato o meno un efficace bilanciamento dei poteri. Questo mi pare un terreno su cui i progressisti sono chiamati a giocare la loro partita, che non è solo politica, ma sistemica. La discesa in campo di Berlusconi sembra prefigurare una sorta di bonapartismo di fine millennio. Un bonapartismo in cui il controllo dei mezzi d'informazione e dei sondaggi d'opinione potrebbe sostituire - o preparare - una «democrazia plebiscitaria» sotto la nuova forma della «democrazia telematica». Questa linea potrebbe essere gradita ad Alleanza nazionale e ai resti, numerosi, della prima Repubblica che sono entrati a fra parte del «polo delle libertà» e del «polo del buongoverno». Difficilmente, però, potrà avere il consenso dei federalisti, se non vogliono definitivamente suicidarsi. I progetti costituzionali della Lega sembrano andare in altra direzione, anche lasciando da parte i modelli alquanto avventurosi del • • • • • • • • • • • • • •••••••••• • • .. . • • • : . • • • • • • • • • • 34 suo principale teorico in campo istituzionale. Per i progressisti sembra aprirsi uno spazio d'azione considerevole. Sarà da vedere se sapranno utilizzarlo. Al centro di questo spazio sta una riqualificazione progressista, e non conservatrice e particolaristica, del federalismo su base regionale (ma non sulla base delle regioni oggi esisstenti). Ciò richiederà peraltro la riscoperta di una cultura politica che appartiene integralmente alla tradizione progressista italiana, laica e cattolica, ma che è stata per vari motivi largamente emarginata. Il modo per ridarle consistenza e respiro potrebbe essere la proposta di un passaggio referendario preliminare, e non puramente sanzionatorio, rispetto al vero e proprio lavoro di riforma costituzionale. Un passaggio analogo a quello del 1946 su monarchia e repubblica, e che dovrebbe riguardare due o tre alternative cruciali, chiaramente definite e collegate tra loro, concernenti, per esempio, l'articolazione dei poteri del governo centrale e dei governi regionali, e la questione dell'elezione popolare del premier. Potrebbe essere questa una proposta di compromesso precostituzionale, di tipo per così dire procedurale, una via intermedia tra una riforma costituzionale condotta a colpi di maggioranza e quella affidata ad un'assemblea costituente eletta con la proporzionale.

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