di un riadeguamento straordinario. Insomma, la revisione sistemica, che è il compito proprio di una assemblea costituente, deve essere realizzata, in· vece, da un'assemblea costituita. Ma così è: hic Rhodus, hic salta. Ma proprio perché si tratta di una revisione sistemica, allora dobbiamo chiedere a questo parlamento un impegno preci· so. Il seguente: che la revisione sia at· tivata solamente quando l'intero progetto (di ridisegno istituzionale) è stato definito. O, per lo meno, siano state definite le due (ripeto: due) basilari alternative di riforma istituzionale. Cosa cambiare Quando i principi rimangono immu· tati, le regole che vengono modificate rinviano ad una diversa interpretazio· ne di quei principi. Nel nostro caso, si tratta di interpretare i principi democratici alla luce di una società aperta, e non più chiusa. Che poi vuole dire: alla luce di una società competitiva, e non più consociativa. Nella Prima, in· teressi e ideali diversi si alternano al governo. Nella Seconda, gli uni e gli altri si confondono al potere. Ma una democrazia competitiva, di solito, non cade dal cielo. Al contrario, presup· pone introduzione di incentivi istituzionali capaci di favorire la sua attiva· zione. Alla lunga, come ci ha ricordato Duverger, le istituzioni hanno la meglio sugli individui. I vecchi politici potranno fare resistenza. Ma la pressione degli incentivi istituzionali è destinata, prima o poi, a neutralizzare anche le abitudini più riottose al riadeguamento. Allora: quali nuove regole? Dato il loro carattere sistemico, esse debbono ridefinire il circuito cittadini-partiti· governo-Stato. E debbono farlo, ap· punto, in modo coerente. Per quanto mi riguarda, la loro coerenza istituzio· nale sarebbe garantita a queste condizioni: sul piano del sistema elettorale, se il sistema maggioritario distorto in· trodotto il 4 agosto del 1993venisse ri· formato in direzione di un sistema maggioritario a doppio turno, su base {)!LBIANCO 0.Z., ILROSSO 11•1-tJ•M;J di collegi uninominali; sul piano del sistema di governo, se il nostro parlamentarismo assembleare venisse riformato in direzione di un parlamentari· smo presidenziale, con elezioni diretta del Presidente del Consiglio, così da rafforzare le capacità decisionali del capo dell'esecutivo, e con razionalizzazione del parlamento, così da raffor• zare le capacità di controllo dell'oppo· sizione al suo interno (preciso che il si· sterna rimarrebbe parlamentare, per· ché il legislativo, pur non disponendo più del potere di «dare fiducia» all'e• secutivo, conserverebbe, tuttavia, quello di «togliere la fiducia» a quest'ultimo: con l'esito, però, in tal caso, di andare a nuove elezioni per entrambi); sul piano del sistema statale, se il nostro regionalismo irresponsabile ve• 26 nisse riformato in direzione di un sistema statale federale, così da garantire, alle regioni geograficamente riaccor· pate, un grado soddisfacente di auto· nomia legislativa, autosufficienza fi. scale e autorappresentanza elettorale nella politica nazionale. Per chi cambiare Quando un abito è stretto, tutto si può fare, meno che insistere ad indossarlo. L'Italia ha bisogno di una demo· crazia competitiva, capace di garantire un ricambio costante delle sue élites dirigenti. E, contemporaneamente, ha bisogno di una democrazia non-accentrata, capace di favorire la soluzio· ne del secolare problema dell'ineffi. cienza democratica del suo Stato centrale. Ma, soprattutto, di una demo· crazia competitiva e non-accentrata ha bisogno il progressismo politico, se vuole affrontare (con qualche possibi· lità di successo) lo scontro con i suoi rivali di sempre: le oligarchie private e pubbliche. Perché si dimentica spes· so che il compito storico del progressi· smo politico è quello di realizzare il governo dei molti per l'interesse dei molti. Un compito che è stato difficil· mente perseguibile nella democrazia consociativa della Prima Repubblica, che ha coniugato il governo dei molti in governo per i pochi. Dove i pochi erano rappresentati da quelle oligar· chie private, statali e partitiche, collegate le une alle altre in una formidabi· le alleanza partitocratica. Una allean· za così formidabile che tali oligarchie sono riuscite a garantirsi risorse ed in· fluenza anche in questa transizione. verso una Seconda Repubblica. Non avrebbe potuto essere altrimenti: al potere non si rinuncia facilmente. Ma quel potere esse dovranno rinunciare, se il progressismo politico riuscirà a promuovere il contesto adeguato in cui perseguire la sua strategia della democratizzazione. Cioè se riuscirà a promuovere una democrazia competi· tiva al servizio dei molti, e non più dei pochi. A quel punto, le regole non conteranno più: perché ciò che conterà sarà l'intelligenza e la forza della politica.
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