{)!LBIANCO ~ILROSSO I lllà'ffl I HA Perun«cambiamento» chesiarealmentetale Perché cambiare Ha scritto Thomas Jefferson (il 12 luglio 1816)che le costituzioni, al pari di un vestito, debbono essere costantemente riadeguate alle caratteristiche della società che debbono «ricoprire». Dopo tutto, sarebbe insensato «pretendere che un adulto continui ad indossare il vestito che gli stava bene quand'era ragazzo». Buon senso democratico, purtroppo poco diffuso nel vecchio continente. La nostra Costituzione repubblicana ha assolto formidabilmente bene il compito per cui era stata elaborata: quello sul terreno della democrazia. Così, essa ha fornito il solido surrogato di un consenso fragile sui basilari valori democratici. Ha consentito l'evoluzione verso la democrazia di una forte opposizione di sinistra ideologicamente anti-sistema. Ha favorito la progressiva identificazione con lo Stato nazionale di un vasto mondo cattolico collocatosi tradizionalmente al suo esterno. Ha permesso di depotenziare la carica eversiva presente nella forza di destra estrema che si era incaricata di raccogliere l'eredità del fascismo. Con quella Costituzione, e grazie al sostegno (non sempre disinteressato) delle altre grandi democrazie, l'Italia ha potuto progressivamenteintegrarsi nel vitale (sotto-)sistema internazionale «occidentale»: cioè quello retto dai principi della libertà politica ed economica. Cos'altro ancora si poteva chiedere ad una Costituzione nata da una guerra civile, seguita ad una guerra mondiale? Ma l'Italia, in cinquant'anni di pace e di sviluppo, è cresciuta. È diventata adulta. Che non vuol dire che non ha di SergioFabbrini più problemi. Come, d'altronde, non è senza problemi la condizione di un adulto. Vuol dire che è cambiata la natura dei problemi. Oggi, il nostro problema è quello di sostituire una democrazia contro con una democrazia per. Insomma, da una democrazia in negativo siamo giunti ad una democrazia in positivo. Se per i bambini il principale problema è quello di difendersi, per gli adulti è (o, almeno, dovrebbe essere) quello di migliorare. Come cambiare Lo sappiamo a memoria: le costituzioni fissano (innanzitutto) i principi, e (poi) individuano le regole che da essi possono derivare, del gioco (politico). L'occasione storica che presiede all'elaborazione costituzionale ha necessariamente una grande voce in capitolo sulla tenuta, nel tempo, di quest'ultima. Là dove la Costituzione nasce dalla «riflessione e dalla scelta», come ha scritto Hamilton nel Federalista N. 1, allora è evidente che essa è l'espressione di un patto ideale, anche se motivato dalla convenienza politica. Invece, là dove la Costituzione nasce «dalla divisione e dalla lotta», allora è evidente che essa è l'espressione di un patto politico, anche se motivato dalla scelta ideale. La nostra Costituzione è nata in questo secondo modo: è la Costituzione dei vincitori. Essa va riconosciuta come tale, senza infingimenti. Per una ragione essenziale: che le ragioni dei vincitori erano, e continuano ad essere, moralmente superiori a quelle degli sconfitti. La nostra Costituzione non potrà mai essere una Co25 stituzione della riconciliazione, per il semplice motivo che non ci si può riconciliare con il totalitarismo. Anche se espressione di una parte, il sistema dei valori che è alla base della Costituzione deve essere riconosciuto, così come è, come il sistema di riferimento dell'intera comunità nazionale. La storia non può essere cancellata. Può essere superata: ma dai vinti di ieri, non dai vincitori. A questi ultimi, deve essere solamente richiesto (e non è poco) di continuare a riconoscere le ragioni (umane) dei loro avversari: cioè la loro buona fede. Punto e basta. Ma se così è, allora occorre essere precisi: la Costituzione va cambiata, proprio conservando la sua giustificazione politica. L'art. 138 va bene allo scopo, anche per ribadire la continuità nella discontinuità. La più antica Costituzione democratica, quella statunitense, è stata ripetutamente emendata. Ma ogni emendamento ha dovuto essere coerente con i basilari principi stabiliti nell'estate afosa del 1787a Filadelfia. Il nostro problema è un po' più complesso. Non per ragioni costituzionali, ma per ragioni esclusivamente politiche. Perché l'assenza di coraggio innovatore, da parte della vecchia classe politica, ci ha consegnato un sistema di regole del gioco che fa acqua da tutte le parti. Per questo motivo, il pericolo è quello di una revisione a pezzetti, di un riadeguamento del vestito fatto in modo estemporaneo e partigiano, senza un'idea chiara (o confessabile pubblicamente) di ciò che si vuole costruire. Ecco, allora, la complessità del problema: un parlamento ordinario deve farsi carico
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