Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

Il quadro delle garanzie giuridiche riassunte fa comprendere come, anche ad ammettere l'esistenza nella presente legislatura di orientamenti omogenei di riforma istituzionale nella composita maggioranza che ha dato vita al governo Berlusconi, si prospettino difficoltà non piccole per chi voglia percorrere la via di riforme radicali sulla forma di Stato. In particolare, su tali progetti occorrerebbe ottenere la maggioranza assoluta dei componenti del Senato, che è oggi pari a 164 voti, e che sulla carta la coalizione di governo non detiene. E.clè possibile che la radicalità del progetto non sia condivisa dall'area centrale di tale schieramento, che è quella stessa che esprime il presidente del Consiglio. Se ciò si verificasse, il progetto non riuscirebbe a pervenire alla fase del referendum approvativo, che resta la più critica finché non viene abbattuto il monopolio televisivo. Ancora è da rilevare che il progetto federalista di Miglio e qualsiasi altro che preveda una fusione fra regioni è assogettabile al sindacato costituzionale per violazione del principio supremo dell'unità e indissolubilità della Repubblica ed altresi per violazione delle procedure rafforzate di approvazione, ove non siano rispettati i vari passaggi citati previsti dagli artt. 132 e 138. Inquesto caso, come nel caso di modifiche che ridimensionino le competenze di altri poteri (ad es. il Presidente del consiglio, il Csm) senza rispettare le predette procedure di revisione, il sindacato della Corte costituzionale può essere attivato direttamente dalle regioni o dagli altri organi costituzionali interessati mediante ricorso per conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato (art. 134 comma 2 Cost.), senza attendere che la questione sia sollevata in via incidentale da un organo giurisdizionale dopo l'entrata in vigore della legge. E poiché la Corte Costituzionaleha ritenuto ammissibile anche i ricorsi per conflitto di attribuzioni potenziale, sembra consentito portareall'esame della Corte stessa la {)!LBIANCO ~ILROSSO IHl~1§J•H;I riforma costituzionale illegittimamente approvata dopo la sua pubblicazione e prima del referendum confemativo. Al di là delle garanzie giurisdizionali, quella politica resta la via più importante della riforma istituzionale. Infatti, la mancanza nel Paese (la coalizione di governo ha superato di poco il 40% dei consensi) e nel Senato di una sicura maggioranza dovrebbe scoraggiare la tentazione degli atti di forza ed indurre a preferire la discussione e il confronto in vista di riforme più consentite. Occorre tenere rigorosamente distinta la politica di governo dalla politica delle riforme istituzionali. Sulla prima l'opposizione dei progressisti deve abbandonare sia le pregiudiziali ideologiche o di identità sia la linea consociativa delle trattative sugli emendqmenti, per scegliere la via di una dura opposizione «tematica», cioè orientata su politiche e progetti alternativi nei vari settori. Per sua natura e per le complesse procedure di revisione, !apolitica delle riforme istituzionali richiede, invece, che si operi per le più ampie intese, sia verso il centro, sia verso talune forze della composita maggioranza di Governo. Sul tema del decentramento della macchina statale, occorre riprendere il progetto della Commissione bicamerale sullo Stato delle autonomie. Esso prevede un forte decentramento di poteri alle regioni, alle quali è attribuita una competenza di carattere generale, esclusiva e concorrente, con riserva allo Stato di alcune specifiche mate1"ie di rilevanza comune: diritti pubblici soggettivi, politica estera e rapporti con le chiese, difesa, sicurezza pubblica, giustizia, moneta e tributi statali, trasporti, opere pubbliche e comunicazioni nazionali, tutela dell'ecosistema. La potestà di imporre tributi è ripartita fra lo Stato, le regioni e le provincie. Si introduce così in materia di competenze il principio opposto a quello vigente. Al Senato è demandato in via esclusiva di approvare le leggi organiche sulle materie in cui le re23 gioni non hanno competenza esclusiva, sentite le regioni stesse. È però necessario specificare meglio le forme del decentramento fra le regioni e le provincie e i comuni, per evitare il formarsi di un centralismo regionale. È ampliata la competenza statutaria delle regioni, purché in armonia con la Costituzione. Questa direttiva costituisce la linea di confine fra uno Stato unitario con forti autonomie e uno Stato federale nel quale lo Stato membro è dotato di autonomopotere costftuente. Correlativamente occorre dare stabilità alla funzione di governo, statale e regionale. Al riguardo il progetto prevede l'istituto della sfiducia costruttiva, ma può anche pensarsi all'investitura diretta del premier da parie degli elettori. Anche gli istituti di garanzia devono essere rafforzati: dal Presidente della Repubblica - per la cui elezione da parte del Parlamento occorre innalzare il quorum, in riguardo al sistema maggioritario introdotto per le elezioni politiche-, alla Corte costituzionale e al Csm, prevedendo il voto limitato per l'elezione dei componenti di spettanza parlamentare. Occorre anche uno statuto dell'opposizione in Parlamento, ad esempio con l'attribuzione del potere di inchiesta. Si ritiene che il progetto (con gli opportuni adeguamenti), in quanto recepisce armonicamente tutte le esigenze di autonomia ed efficienza emerse, possa raccogliere ampi consensi parlamentari, senza mettere in pericolo l'unità dell'Italia come Stato e come Nazione. La riforma istituzionale passa, dunque, per una nuova legge costituzionale che, ritoccando l'art. 138, rinnovi la Commissione bicamerale. Occorre però che sia innalzato il quorum necessario per l'approvazione del progetto di riforma costituzionale (tre quinti?) e che il progetto stesso sia comunque sottoposto a referendum popolare (eventualmente in alternativa con la proposta di minoranza più votata).

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==