Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 51 - mag.-giu. 1994

.{)!J., BIANCO ~ILROSSO I n•~i§t I a il Peruna«transizione»guidata attraversolacoscienzadeilimiti a critica ali' efficienza del L nostro sistema politico (invadenza dei partili, eccessivo centralismo, debolezza dell'esecutivo, ecc ... ) e la questione del!' assetto istituzionale disegnato nella seconda parte della Costituzione sono aperte da tempo e risalgono almeno agli anni 60. Tuttavia soltanto alla metà degli anni 80, in conseguenza del progressivo logorarsi del sistema, la questione si impose ali'opinione pubblica e alle forze politiche, mettendo capo all'iniziativa della Commissione Bozzi (1983-85). Il risultato fu negativo, come è noto, e fu dovuto sia all'incapacità di ogni forza politica di darsi obiettivi chiari e condivisi, sia alla persistente contrapposizione fra le varie forze. Non fu raggiunta, perciò, nel Paese e in Parlamento quell'ampiezza di consensi che sola avrebbe consentito, in regime proporzionale, di portare a conclusione le procedure di revisione costituzionale rinforzala, previste dalla Costituzione. Per riassumere tale situazioneGustavo Zagrebelsky ha argutamente citalo il barone di Munchhausen, che faceva leva sul proprio codino per uscire dalle sabbie mobili in cui era caduto. Il «paradosso delle riforme»era, appunto, quello di un sistema politico da riformare in quanto incapace di decisioni forti, ma che era impossibilitato a riformarsi da solo perché «la decisione di autoriformarsi è una decisione fortissima». Il tentativo riformatore è stato ripreso nella precedente legislatura (199294) mediante l'istituzione della Comdi Piero Casadei Monti missione cosiddetta «Bicamerale» per la riforma della parie seconda della Costituzione, alla quale sono stati attribuili poteri di commissione unitaria referente per entrambe le camere con la legge costituzionale n. 1 del 1993. L'undici gennaio 1994 è stato depositalo un progetto di modifica della parte seconda della Costituzione (relatori Jotti, Labriola e Bassanini) che prevede un'accentuata autonomia delle regioni. Ma il progetto non è stato discusso in assemblea per il precipitare della crisi politica e per lo scioglimento anticipato delle Camere. Nei dibattiti preelettorali, il tema delle riforme istituzionali, pur presente, è stato oggetto di fuggevole attenzione ed ha comunque registrato il persistere di posizioni divergenti. Mentre lo schieramento progressista ha sostenuto il progetto della Commissione Bicamerale, ed anche il Patio dei centristi si è attestato su analoghe linee seppure con alcune significative distinzioni, lo schieramento vincente si è presentalo con linee divergenti. La Lega ha approvalo una sua «costituzione» secondo le idee di Gianfranco Miglio, che prevede una confederazione fra tre macroregioni, ma ha poi cercato di attenuare la radicalità della proposta col richiamo a un federalismo di contenuto generico e ambiguo, che è stato riproposto (inutilmente?) anche nelle trattative per la formazione del governo. Al contrario l'Alleanza Nazionale, da sempre favorevole al rafforzamento dello Stato centrale, ha proposto la via del presidenzialismo, cioè il rafforzamento dei poteri del Presidente della Repubbli21 ca, eletto direttamente dal popolo. Entrambe le forze hanno poi prospettato il ricorso a procedure abbreviate e maggioritarie per realizzare la riforma costituzionale. In questo confuso contesto non sono chiare le prospettive di riforma istituzionale. Se la necessità della riforma è sempre più urgente, resta ancora incerto se in Parlamento vi sarà un consenso sufficiente per operare una riforma che rafforzi l'efficienza delle istituzioni nel contesto dell'ispirazione democratica e solidarista della Costituzione del 1948. Per contro, si profila il pericolo di scorciatoie referendarie volte a modificazioni consistenti alla forma di Stato ed alla creazione di una nuova Repubblica dai contenuti attualmente indeterminati. Il Governo si deve ancora presentare alle Camere e non se ne conosce il programma istituzionale. Vorrà e sarà in grado di superare «il paradosso della riforma», coagulando su una proposta ragionevole i vasti consensi che occorrono per portare a conclusione le procedure di revisione dell'art. 138 Cost.? O al contrario, si porrà alla ricerca di un consenso referendario che mortifichi il confronto parlamentare e trascenda in una democrazia plebiscitaria? E quale può essere un'efficace linea di politica istituzionale cieli'opposizione progressista? Un tentativo di risposta richiede di prospettare sinteticamente i termini del problema che è giuridico e politico a un tempo. La Costituzione italiana è concordemente ritenuta una «costituzione rigi-

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