Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO •;iikiiliti delle opinioni politiche degli uomini di Chiesa come obbliganti, o anche solo condizionanti. Gli ultimi venti anni, dal referendum sul divorzio alle recentissime elezioni, sono stati in Italia una continua erosione della credibilità della Chiesa come autorità in politica. L'era della presidenza Ruini, per quanto riguarda la Cei, è una continua serie di rovesci politici e di influenza a livello di potere sociale. Oggi i cattolici votano come vogliono, a torto e a ragione, senza che nessuno ecclesiastico, neppure il Papa, abbia realisticamente la possibilità di orientare le loro decisioni. Ormai, a credere alla importanza politica dei pronunciamenti delle autorità ecclesiastiche in Italia sono rimasti solo un po' di laici, con i loro giornali partito, come «La Repubblica», «L'Unità» e «Il Manifesto», e anche «Corriere della Sera» e «Stampa». A chi conosce un po' la realtà vera del mondo cattolico viene da ridere, ma nel campo religioso, anche per colpa delle precedenti scelte di parte della Chiesa come istituzioni, l'ignoranza di tanti laici è di rigore. Ultimo esempio è stato, in materia, il ruolo dato ad un articolo di «Roma Sette», il supplemento domenicale della Diocesi di Roma: un articolo firmato con nome e cognome, Paolo Castiglia, che diceva solo che oggi è il caso di «guardare avanti», e che definiva «giovane ed efficiente» il movimento sorto attorno a Silvio Berlusconi, ha dato modo a tanti, laici e anche cattolici, di stracciarsi le vesti per quello che è stato chiamato «il voltafaccia» di Ruini, che nel caso non c'entrava proprio nulla. Sia chiaro: non dico che certi uomini di Chiesa non siano capaci di cose come questa. Anzi. .. chi conosce quel mondo ne ha viste tante, che non sorprenderà certo, ma è evidente che questo, finora, non è il caso di Runi e dell'atteggia9 mento della Chiesa nei confronti della politica italiana. Ci vuole tempo ... In ogni caso è evidente che non si torna indietro, e che i cattolici, anagrafici e veri, sono oggi dappertutto, nei partiti e nei movimenti italiani, che la mediazione decisiva sarà più che mai quella della coscienza, che nessun ecclesiastico potrà più sognarsi di scavalcarla, che i singoli credenti, con serietà pari alla loro convinzione di fede, dovranno confrontarsi con i programmi precisi della politica nelle varie sedi, senza automatismi di alcun genere, senza deleghe ad alcuno. In questa prima fase, tuttavia, sarà evidente che cattolici e Chiesa, come tali, dovranno fare i conti con una complicità pesante del passato, e che occorrerà un serio impegno per scrollarsi di dosso le complicità prolungate, i silenzi interessati, i privilegi oggi incomprensibili, i favori assurdi, le ingiustizie operate in tanti settori. Per crearsi una nuova verginità politica il lavoro ecclesiale sarà difficile, e lungo. Forse non è neppure il caso di cercarla: basterà, credo, una autentica credibilità nella pratica evangelica e nella adesione ai valori della fede, da non confondersi mai con altre cose, anche legittime. Oggi il patrimonio autentico dei valori della fede e della eredità cristiana non può più essere delegata ad alcuna forza politica. Non servirebbe a niente accodarsi al carro dei vincitori di turno. Torna, finalmente, il primato della fede sulla politica, dei valori sugli interessi, delle convinzioni sulle convenienze, della coerenza sui calcoli di parte, della coscienza dei singoli fedeli sulle opinioni dei vescovi in materia in cui il loro ufficio non dà autorità religiosa ... È un discorso da riprendere, ma dal punto di vista di chi prende sul serio la fede e il suo vero primato, la situazione odierna è un innegabile passo avanti.

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