{).!J., BIANCO ~ILROSSO d;JG1Nt+1~HC11it+1l•~<Pit◄18 Dunque i Cristiani-Sociali sono già oggi nel polo progressista e vogliono concorrere alla sua maturazione verso una responsabile cultura di governo. Non si comprende perché in Italia i cattolici dovrebbero rinunciare alla ambizione alta di essere presenti nel processo che è in atto di costruzione di una nuova sinistra non più legata univocamente ad una ideologia ma aperta a diverse culture e ai valori etici della tradizione cristiana. Non si comprende perché la Chiesa italiana dovrebbe restare ripiegata sulle formule e sugli strumenti del passato. Si deve essere attenti al richiamo autorevole della presidenza della Conferenza episcopale italiana alla responsabilità dei cattolici e ai grandi valori che sono in gioco; ma questa responsabilità, come la voce alta di Don Giuseppe Dossetti ha ammonito, non può essere interpretata che da libere coscienze: proprio perché sentono questa responsabilità i Cristiano-Sociali pensano di dover spendere il loro impegno nel polo progressista. Fra l'altro se davvero dovesse permanere e avere successo, oramai contro l'evidenza dei fatti, la prassi di una unità partitica dei cattolici al centro, si otterrebbe in realtà una minore incidenza del voto dei cattolici: la democrazia del- !' alternanza verso la quale inesorabilmente va il nostro sistema politico presuppone per sua natura la mobilità dell'elettorato; in una democrazia dell'alternanza è il voto che si sposta quello che decide sugli equihbri politici. Un ricompattamento del mondo cattolico al centro agirebbe in senso opposto, come un elemento di freno; i cattolici delegherebbero ad altri il compito di determinare via via nuovi equilibri, di costruire il nuovo; si avrebbe un effetto, rovesciato ma analogo a quello del non expedit. 75 Si deve dunque promuovere la maturazione di una cultura nuova della democrazia dell'alternanza. Questa maturazione implica per i cristiani la riscoperta di un compito primario nella vita civile troppo a lungo trascurato: il compito di alimentare e rafforzare quotidianamente il tessuto etico della società civile, di ricostituire quelle riserve di mondi vitali, di gratuità, di impegno solidaristico, senza le quali la democrazia diventa puro confronto di interessi. In Italia il problema si salda con quello del rafforzamento del senso stesso della cittadinanza e della riconquista di una identità nazionale, oggi compromessa dal fenomeno leghista. Vi è nel nostro paese una cronica debolezza del senso dello Stato, una debole coscienza etica collettiva. Le ragioni storiche di questa debolezza sono da ricercare soprattutto nella frattura fra coscienza religiosa e coscienza civile. L'appartenenza cattolica è stato prima elemento di esclusione dallo Stato; poi è diventata appartenenza politica di partito. Negli anni a noi più vicini siamo piombati nel consumismo senza solide radici etiche. Di fatto il progresso economico ha corroso le radici etiche tradizionali e ha fatto venire alla luce la povertà profonda dell'etica civile nel nostro paese. Se non si corregge in radice questo dato culturale non c'è da illudersi su una rinascita del costume morale: le riforme elettorali e istituzionali saranno insufficienti senza una profonda riforma morale; e una riforma morale è impossible senza l'apporto anche dei cristiani. Occorre che da parte laica si riconosca il rilievo insostituibile della esperienza religiosa nella formazione della coscienza civile del popolo e si cessi di considerare la Chiesa come «altra» rispetto alla vita civile del paese o peggio ancora come potenziale
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