Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

D!LBIANCO ~ILROSSO e la perla, che altrimenti verrebbero confusi dentro la forma cristallizzata. Non dobbiamo dimenticare i momenti alti della storia e della cultura europea, ma neanche le due guerre mondiali, e oggi neanche il dramma jugoslavo. Il Libro Bianco prende atto che il mercato spontaneamente tende a sottovalutare il lungo termine; porta ad aggiustamenti la cui rapidità colpisce in maniera diseguale le varie categorie sociali e le diverse aree territoriali, perciò è necessaria l'adozione di meccanismi collettivi di solidarietà. Gli strumenti politici coerenti con queste scelte vengono individuati per i singoli paesi nella «concertazione sociale», a livello comunitario nel «Patto sociale europeo». Il dramma del!' occupazione può ormai essere affrontato soltanto all'interno di questa «nuova visione del mondo» che supera la precedente logica dicotomica; potremmo definirla «ipotetica-deduttiva»: alla formulazione dell'ipotesi politica deve seguire il suo controllo empirico, se la verifica risulta positiva l'ipotesi viene assunta come vera, nel caso contrario viene abbandonata. Negli ultimi mesi si discute molto sulla necessaria flessibilizzazione del mercato del lavoro (lavori a tempo parziale, lavoro interinale, mobilità, ecc.) e le «parti sociali» promuovono, a tale riguardo, le relative intese, ma non si tratta soltanto di una tecnica contrattuale perché il suo sviluppo presuppone una precisa scelta ideale e pratica a favore della «società aperta»; si devono aprire le porte del mercato del lavoro, ma si devono aprire anche tutte le porte della società: non può esistere un mercato del lavoro flessibile in un ambiente sociale rigido, dove prevalgono sistemi relazionali e una struttura di potere basata sui rapporti di scambio e sulle corporazioni (sistema che ha generato la commistione affaristica clientelare del!'organizzazione statuale italiana). Prendiamo l'esempio del!'organizzazione universitaria, tipica struttura corporativa: intere generazioni di studiosi, che non 68 hanno fatto la trafila e la coda per entrare, sono state escluse. Una volta entrati però c'è la garanzia del posto a vita, al di là della verifica dei risultati. Nella «società aperta» invece lo Stato deve garantire la possibilità d'accesso a tutti coloro che hanno i requisiti; un manager può, per esempio, diventare docente universitario e quest'ultimo può entrare a dirigere un'azienda, come normalmente succede negli Stati Uniti. La «società aperta» garantisce l'uguaglianza delle opportunità e il continuo ricambio delle classi dirigenti a tutti i livelli. La «società chiusa», come quella sperimentata in Italia, impedisce il ricambio. Non è neanche un caso che un libro classico su questo tema, quello di Karl Popper (La società aperta e i suoi nemici, 1945), sia stato pubblicato anni fa soltanto da una casa editrice minore. Un altro problema riguarda il rapporto tra le idee del Libro Bianco e la politica: se è stato approvato da tutti i paesi (che hanno governi di diversa ispirazione) vuol dire che sul piano delle politiche non c'è più nessuna differenza e stiamo andando verso una progressiva omologazione? Infatti se guardiamo l'adozione di provvedimenti economici e mettiamo tra parentesi le posizioni più estreme (Thatcher) notiamo come esistano poche differenze (in Spagna il governo socialista di Gonzales sta affrontando uno scontro duro con i sindacati proprio sul terreno della riforma del mercato del lavoro). In Italia le difficoltà di riorganizzazione della politica in senso tendenzialmente bipolare forse vanno viste anche alla luce del ragionamento fin qui svolto: quali sono gli elementi discriminanti tra due schieramenti politici che si alternano al governo? Le idee contenute nel Libro Delors possono costituire il punto di riferimento per la riorganizzazione di un particolare schieramento politico? L'imminente rinnovo del Parlamento europeo può costituire un'occasione per discutere seriamente di queste cose?

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