Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

{).!J, BIANCO ~ILROSSO Pikii••li Ilverdetto èstatochiaro. Il futuroalleidee,eaiprogrammi di Pierre Carniti - 1risultato elettorale è stato chiarissimo: le destre I hanno vinto. Le prospettive di governo restano invece più oscure. O, perlomeno, più incerte. L'incertezza deriva dalla decisione di Bossi di sbarrare la strada di Palazzo Chigi: a Fini per i suoi trascorsi ed a Berlusconi per il suo presente. - Cioè per l'ampiezza e la ramificazione dei suoi interessi, non sempre compatibili con l'interesse comune. L'incertezza deriva anche dalla difficoltà di ridurre ad unità la concezione centralistica e nazionalistica di Alleanza Nazionale con quella federalista e separatista della Lega. Alla fine però nessuna di queste difficoltà dovrebbe impedire alle destre di trovare un compromesso sul programma e sugli uomini e di formare il nuovo governo. In discussione, dunque, non è «se» le destre riusciranno a fare il governo, ma, al massimo, «come e quando». Se questa valutazione è corretta ci si deve chiedere da una parte perché progetti politici contrastanti (se non incompatibili) ed una competizione interna aspra, ai limiti della rissa, non abbiano impedito il successo elettorale delle destre, e dall'altra perché un pluralismo programmatico molto più sobrio ed una dialettica assai misurata tra le varie componenti abbiano «colpito ed affondato» _loschieramento di sinistra. La spiegazione, data da alcuni, che il risultato negativo dei progressisti sia da addebitare a qualche uscita estemporanea di Bertinotti durante la campagna elettorale, prima ancora che elusiva, appare (se confrontata ai comportamenti della destra) assolutamente fuorviante. Non c'è dubbio che alcune cose Bertinotti avrebbe fatto meglio a risparmiarsele, ma le ragioni dell'insuccesso dei Progressisti vanno ricercate altrove. Provo ad indicarne sinteticamente qualcuna. Primo: le promesse di Berlusconi di risanare i conti pubblici, aumentare i posti di lavoro e con6 temporaneamente, ridurre le tasse non hanno, ovviamente, nessun fondamento, e tuttavia sono state credute. Questa contraddizione, già molti secoli fa, Demostene la spiegava così: «nulla è più facile che illudersi. Perché l'uomo crede vero ciò che desidera». Secondo: lo schieramento progressista, pur essendo pluralista, era sicuramente meno composito ed improbabile dello schieramento di destra. Ma non è stato considerato affidabile. Credo che ci sia una ragione che potrà essere superata solo se verrà affrontata esplicitamente e non rimossa come un cavillo. La storia della sinistra (particolarmente in Italia) è stata soprattutto una storia di divisioni. Perché il futuro, com'è necessario, sia di ricomposizione occorre avviare un profondo e convincente aggiornamento delle forme e dei modi di essere delle forze progressiste. Terzo: è in atto la consumazione, anche se tutt'altro che lineare, delle vecchie contrapposizioni ideologiche. Tutt'altro che lineare perché, come si è visto durante la campagna elettorale, l'antifascismo è sostanzialmente morto, mentre l'anticomunismo, in qualche modo, resiste. Una diversa legge elettorale avrebbe probabilmente favorito una evoluzione meno parziale. Tuttavia l'ingegneria elettorale, per quanto importante, non potrà mai risarcire l'eclissi della politica. Il futuro dello schieramento progressista dipenderà dunque, ed innanzi tutto, dalla sua disponibilità a non inaridire le sue ragioni in una contesa senza verità, ed inoltre, dalla capacità di assumere limpidamente, fuori dagli ideologismi, e dentro la vita concreta, la complessità di problemi e dei comportamenti, verificando su questo terreno, come esige la democrazia dell'alternanza, là forza persuasiva delle proprie idee e delle proprie proposte e, quindi, la capacità di costruire il consenso.

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