{)!LBIANCO o.l,,ILROSSO • 111°~•H~N t;f ◄cQ~• M dialettica tra politiche di riaggiustamento strutturale e misure di compensazione sociale. Ma è nel campo della Cooperazione internazionale, un settore in cui il bisogno di ritrovare spazi pratici ed operativi per la formulazione di nuovi e più appropriati modelli appare particolarmente urgente, che lo Sviluppo Umano sembra mostrare maggiore e più immediata capacità di incidenza e trasformazione. E non solo per aver chiarito in forma inequivocabile l'uso strutturalmente distorto che si fa nel mondo delle risorse dell'aiuto pubblico allo sviluppo. Per aver denunciato, cioè, che dei 56 miliardi di dollari - a tanto ammontava nel 90 il trasferimento annuale di risorse del Nord al Sud del mondo - la parte destinata alle priorità fondamentali dello sviluppo umano (l'assistenza sanitaria di base, l'appoggio all'educazione primaria ed all'alfabetizzazione, gli interventi di risanamento ambientale di base, ad esempio) è compresa tra il 6,5 o/o dell'aiuto bilaterale ed il 10% dell'aiuto multilaterale. Ma soprattutto per aver mostrato quale potenziale di ristrutturazione - già nel quadro attuale ed a parità di risorse disponibili - e quali spazi avrebbe di fronte una Cooperazione, le cui strategie, programmi, metodologie ed interventi sul terreno fossero ispirati dall'obiettivo di aumentare lo sviluppo umano e lottare contro la povertà e l'esclusione sociale. Strategie, metodologie, programmi ispirati a pochi, chiari, basilari principi. Quello dell'integrazione, ad esempio, che considera come componenti indissociabili degli interventi per lo sviluppo, gli aspetti del reddito, della salute, dell'educazione, dell'ambiente e dei diritti umani. Quello della territorialità, cioè il fatto di concentrarsi in aree ben definite e corrispondenti ad un livello dato di decentramento politico-amministrativo, sufficientemente piccole da permettere reali processi partecipativi e sufficientemente grandi da avere le risorse indispensabili per poter attivare uno sviluppo locale. Quello della partecipazione, intesa come il potere dei diritti interessati di partecipare alla decisione di realizzare una determinata iniziativa e di contribuire alla sua esecuzione con forme appropriate di gestione, valutazione o controllo. Programmi attenti soprattutto all'aspetto quali47 tativo dello sviluppo, tesi cioè a migliorare oltre che il reddito, anche le qualità delle relazioni umane nella realtà locali, in particolare riducendo il livello di esclusione sociale, di malessere, di conflittualità e di violenza ed innalzando per tutti il livello di soddisfazione elementare dei bisogni di salute, educazione, vivibilità dell'ambiente, sicurezza e rispetto dei diritti umani. Non si tratta di strategie impossibili o visionarie, perché molte esperienze, in molte parti del mondo, vi si ispirano - e non da oggi - dando vita ad un terreno di sperimentazione e di ricerca tanto più prezioso quanto maggiori sono le difficoltà per realizzarlo. Strategie che si rivelano spesso capaci di aggregare e mobilitare forze diverse, energie tecniche, talvolta, sopite e mortificate da vecchie routines, assurde specializzazioni e frammentazioni. A questo proposito, permettetemi di citare un piccolo episodio emblematico di cui sono stato di recente testimone. Da qualche mese, in America Centrale - dove, per una serie fortunata di circostanze, è stato possibile sperimentare esperienze di Sviluppo Umano in una serie di Dipartimenti particolarmente segnati dai conflitti e caratterizzati da forti livelli di esclusione sociale e povertà - l'Undp, sostenuto dalla Cooperazione Italiana, si è assunto l'iniziativa di promuovere una Piattaforma per lo Sviluppo Umano a livello locale. Un'iniziativa che assumerebbero concordemente i Governi della Regione, le espressioni più significative ed organizzate della società civi-lecentroamericana e gli Organismi di cooperazione interessati, senza esclusioni e senza egemonie. Il suo scopo sarebbe quello di dar vita a programmi di Sviluppo Umano nei Dipartimenti maggiormente colpiti da fenomeni di povertà, esclusione sociale e dalle conseguenze dei conflitti. La Coperazione internazionale apporterebbe risorse tecniche e finanziarie, quelle a propria disposizione, in forma coordinata. I Governi si impegnerebbero a contribuire con risorse proprie, per quanto limitate, ma soprattutto attivando una politica di decentramento e di riorganizzazione delle normative nazionali e locali capaci di sostenere una politica di sviluppo umano a livello locale. Le organizzazioni della Società civile metterebbero a disposizione le proprie ri-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==