{)!LBIANCO '-'L, ILROSSO rativo presenti nel dibattito internazionale possono essere di comune utilità: anche tutto ciò, credo sia fortemente sentito da molti e costituisce la ragione principale del nostro ritrovarci oggi. Quanto alla ricchezza ed alla varietà di esperienze che si caratterizzano in questo senso, l'aspettativa di ciascuno di noi è che le presenze e gli interventi, che si preannunciano oggi, possano cominciare a disegnare un panorama significativo delle tendenze innovative in atto, dei loro risultati, ed anche dei limiti e dei problemi che bisogna superare, quando si affrontano terreni nuovi e difficili. Assieme a ciò, sarebbe bello poter registrare anche tra le voci che si esprimeranno qui, oggi, la disponibilità e l'interesse a pensare ed abbozzare assieme forme, strumenti, occasioni più strutturate e meno episodiche di incontro, di scambio, di verifica del cammino compiuto da ciascuno. Accanto a queste riflessioni sul senso e sulle aspettative che motivano questa giornata di incontro, credo valga la pena di sottoporre alla vostra attenzione ed è questo l'altro punto del mio intervento - anche alcune, assai sintetiche, considerazioni su due strumenti che, nell'attuale dibattito internazionale, sembrano potersi costituire come utili punti di riferimento soprattutto per la capacità di innovazione teorica e le potenzialità di orientare nuove pratiche di lavoro, alcune delle quali verranno con maggiore ricchezza sviluppate nel dibattito. Mi riferisco, essenzialmente, al concetto di Sviluppo Umano, proposto dalle Nazioni Unite ed a quello di lotta contro l'Esclusione Sociale, utilizzato dalla Comunità Europea. Cominciamo con lo Sviluppo Umano. Come è noto all'inizio del 1990 le Nazioni Unite lanciano, con grande risalto, il 1° «Rapporto sullo Sviluppo Umano» nel mondo; un testo agile, assai ricco di tabelle, grafici, riquadri e scritto con una tecnica di comunicazione accattivante, con un linguaggio diretto ed esplicito. Vi si coglie immediatamente un messaggio forte: l'affermazione, cioè, che crescita e sviluppo economico non si identificano con sviluppo umano; anzi, che «non esiste un collegamento automatico tra crescita economica e progresso umano». «Il Reddito - vi si afferma con enfasi - è chiaramente solo una delle opzioni, ma per 45 quanto importante, essa non rappresentq la somma totale della vita degli uomini. Lo sviluppo deve essere, quindi, qualcosa di più che la mera espansione del reddito e della ricchezza. Il suo obiettivo deve essere la gente». E alla gente, a tutta la gente, uno sviluppo che possa definirsi umano dovrebbe poter garantire l'ampliamento delle scelte cruciali: oltre al reddito, «l'opportunità di avere una vita lunga e sana, di studiare e di godere di un tenore di vita dignitoso .... , la libertà politica, la garanzia dei diritti umani ed il rispetto di se stessi». Queste semplici affermazioni - che agli scettici che sanno come vanno le cose possono suonare stravaganti, infantili, fuori del mondo - stanno ancora a significaré, se sono vere, due cose: che, nel mondo, di sviluppo umano ce n'è ancora troppo poco e che i modelli di sviluppo prevalenti sono un fallimento completo. Eppure queste sono le conclusioni, il prodotto argomentato di un gruppo:di scienziati economici e sociali di grande rilevanza, passati pér responsabilità di governo, funzioni dirigenziali in Organismi come Banca Mondiale o Fondo Monetario, prestigiose università: ciò che le rende meno facilmente liquidabili. E ancora di più lascia pensare che esse siano sottoscritte dall'Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, cioè l'Agenzia cui l'Assemblea Generale ha affidato funzioni di coordinamento e rappresentanza del Sistema di fronte ai governi ed ai popoli del mondo, ed, in più, compiti di assistenza tecnica in materia di sviluppo ai paesi membri, soprattutto a quelli del Terzo Mondo. Un compito importante, realizzato finora con maggiore o minore efficacia, non sempre con creatività ed in modo non burocratico. Ma un compito con grosse potenzialità in termini di risorse, autorità, possibilità di influenzare politiche nazionali e regionali: il compito proprio di un soggetto istituzionale, tecnico e politico potenzialmente forte sullo scenario internazionale. E, allora, la scelta di lanciare la tematica dello Sviluppo Umano appare immediatamente per quel che è, una scelta innovativa e coraggiosa, una specie di sfida che si dirige, oltre che agli ambienti scientifici e culturali, ai governi e soprattutto a potenti concorrenti-antagonisti, gli organismi finanziari multilaterali (soprattutto il Fmi e la Banca Mondiale) che sostengono posi-
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