Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO 1n11 °~, a~ t-t4 ,.,~, a gionali per il lavoro) o continueranno a operare nelle aree di mercato in cui sono riuscite ad inserirsi (è il caso di diverse cooperative di animazione, di servizi alla persona e di produzione, di un centro di servizi alle imprese, di un'agenzia per il turismo locale), in certi casi usufruendo di risorse provenienti da altri programmi comunitari. Si tratta di un risultato importante, cruciale rispetto alla logica di un programma come Povertà 3, che ha scelto di privilegiare la ricerca di strategie innovative di lotta alla povertà anche sulla base delle esperienze maturate nei due precedenti programmi di lotta alla povertà. In quei casi, come del resto accade per molti altri programmi comunitari, la Commissione aveva finanziato un gran numero di progetti di dimensioni ridotte per tre anni. Difficile in questi casi andar oltre un sostegno «assistenziale» - aldilà delle volontà soggettive e a dispetto di quanto da tempo sappiamo sulle povertà e sui processi di esclusione sociale che richiedono ben altro che semplice assistenza ai gruppi svantaggiati. Povertà 3 ha lavorato invece su pochi progetti - sostenuti, però in modo significativo e per cinque anni - gestiti da un pull di partners (e perciò «obbligati» a fare politiche) e orientati a produrre interventi locali «multidimensionali», che hanno richiesto la messa a punto di vere e proprie «rnacchine organizzative». A monte, la convinzione che oggi occorra creare, anche a partire da esperimenti di terreno, strategie e politiche di lotta all'esclusione, integrando l'economico e il sociale, implicando tendenzialmente tutte le risorse di un territorio dagli «esclusi» agli enti locali, alle associazioni, alle parti sociali. Che ciò sia realistico e possa produrre azioni efficaci è stato seriamente dimostrato dal lavoro dei progetti in Italia e negli altri paesi. Ma sarebbe inutilmente trionfalistico sottacere i problemi che nel corso di questi anni di lavoro sono emersi e che sono stati evocati durante il seminario. Innanzi tutto una contraddizione di base ha caratterizzato il programma in Italia più che in altri paesi: la condizione di «solitudine istituzionale» in cui il programma si è trovato ad operare, appoggiato ad un ministero dell'Interno coinvolto ed intelligente nei suoi funzionari, ma di fatto con sempre minori responsabilità nel campo delle politiche sociali, con una Commissione 42 povertà che non ha potuto funzionare al meglio, in un clima complessivo di silenzio, quando non di censura, sulle crescenti povertà e diseguaglianze. Un lavoro di innovazione ha per definizione bisogno di interlocutori, di verifiche, di controllo, e anche di sostegno e di legittimazione per valorizzare il positivo e ridurre resistenze e tensioni. Penso concretamente ai problemi della gestione partenariale dei progetti - tra enti locali, istituzioni pubbliche, sindacati e associazioni progetti-; ai ritardi nell'erogazione delle quote di co-finanziamento; ai tentativi non riusciti di realizzare in sede locale forme di scambio e coordinamento con progetti di diversi fondi comunitari. In tutti questi casi una «sponda istituzionale» forte a livello nazionale avrebbe potuto da un lato agevolare il conseguimento di certi obiettivi e dal!' altro valorizzare le nuove strategie di lotta all'esclusione, sia quelle portate avanti da Povertà 3, che quelle che oramai da tempo sono patrimonio di aree importanti e vaste del mondo associativo che collabora alle politiche pubbliche sia nel territorio nazionale che nei paesi in via di sviluppo. Povertà 3 ha lavorato efficacemente in questi anni per creare occasioni di confronto e collaborazione con questo mondo associativo, ed il seminario di febbraio è stato un momento molto importante per l'allargamento e il rilancio di questa collaborazione. La seconda giornata dei lavori ha infatti puntato l'attenzione sulle nuove strategie di lotta al1e' sclusione sociale messe in atto in ambiti diversi da più soggetti, cercando da un lato di identificare i punti chiave comuni (verso uno «sviluppo umano») e dal!' altro di realizzare una sede permanente di confronto e di progettualità. Preparato da diversi mesi di consultazioni, è nato così il «Forum permanente su sviluppo umano e lotta all'esclusione sociale», promosso da alcune tra le più importanti reti nazionali di associazioni e Organizzazioni non Governative (Ong) (vedi scheda con elenco degli aderenti e indirizzo delle due segreterie) e presentato appunto durante il seminario di febbraio. Questo Forum, che non ha l'ambizione di essere una sede di rappresentanza delle reti che lo compongono né vuole limitarsi ad essere una ulteriore sede di dibattito generale, è già entrato in fase operativa, identificando come terreno di azione i seguenti ambiti.

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