Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

D!LBIANCO Oil, ILROSSO ••111 1°~,a~,,., Questo perché la nostra filosofia ha rifiutato di solidarizzare con coloro che chiamavano separatisti i deportati, mentre continuavano a piantare intorno a loro i paletti dei reticolati. Sono proprio i deportati che la nostra filosofia ha sempre visto dietro il partito comunista, è la loro speranza che essa ha abbracciato, la loro saggezza che essa ha cercato di assimilare. È su di loro che essa ha rifiutato di sparare. Fin quando c'è stata una possibilità di scuotere un risveglio nazionale francese mediante l'unione, con il partito che ora rappresentava grosso modo il proletariato francese, di tutte le forze, generose, (in un senso qui propriamente politico quelle che offrono un credito), noi abbiamo sostenuto questa possibilità. Essa implicava che il partito comunista considerasse come realtà di maggior peso, anche se secondarie, quelle forze che si congiungevano ad esso; che si decidesse una buona volta a risolvere i problemi francesi con una riflessione diretta sulle realtà francesi; che rispettasse il popolo, rivelandogli anche verità scomode, educandolo alla democrazia; che si difendesse dalla peste totalitaria che va aggirandosi sul mondo. Invece, sempre più, a imitazione dei partiti comunisti stranieri, esso non tollera che se stesso, fa l'imitazione dell'Urss, la pietra di paragone della sua ortodossia, esso smentisce e nasconde la menzogna, impone l'obbedianza cieca agli ordini dei suoi quadri, esso si consegna al Leviatano. Malattia infantile o cancro incurabile? L'avvenire lo dirà. Poiché rimane, in larga misura, il partito del proletariato, noi non passeremo dalla parte di quelli che gli fanno la guerra delle armi. Noi ci accontenteremo della guerra della verità. Noi non vogliamo ferire quelli che esso protegge, o compromettere la protezione che 39 esso dà ancora loro con la sua sola esistenza. Ma per quelli stessi in cui il pensiero rimane nostra guida, due doveri si impongono a noi. 1) Il primo, di difendere senza ripensamenti tutto ciò che costituisce, in ogni regime, il valore dell'uomo, su punti molto precisi; la sicurezza materiale, la dignità sociale, (qui con i comunisti, senza esitazione, e ogni volta che ci sarà bisogno), la fierezza umana, il coraggio civile e democratico, l'onesta intellettuale, la libertà intellettuale, la libertà spirituale - con chiunque, in ogni caso, difenderli senza equivoco, contro chiunque, in ogni caso li comprometterà. Non pro, non anti, decidi una volta per tutte: un discernimento combattivo. 2) Il secondo compito che la pesante e sanguinante esperienza dei popoli socialisti d'Europa esige da noi, è di cercare ogni pulviscolo portatore dei germi della disumanizzazione sin nelle dottrine, nelle tecniche e nelle vicissitudini delle loro rivoluzioni. Noi non siamo insensibili al fatto che nel calpestare i socialismi premarxisti, il marxismo, poi il leninismo hanno sostituito un metodo di azione la cui efficacia a breve scadenza storica è certa. Ma bisogna fare attenzione al prezzo e alle conseguenze. Il problema si pone oggi a tutti i socialisti e a molti altri, davanti ai fatti ed è quello di sapere se le condizioni moderne della tecnica e della lotta non trasformino un certo ordine di efficienza in un processo di morte. Non lo si può più eludere. 3) Questi due doveri non ne annullano affatto un terzo: evitare la forza di pazienza robusta e di intelligenza disinteressata che la rottura si compia tra il comunismo e il resto della nazione ... Noi siamo oggi come ieri preoccupati di questo congiungimento, in tutta

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