Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO 1n 111~,a~,,., Fedeltà* di Emmanuel Mounier Ripubblichiamo in questo numero l'ultimo scritto di Emmanuel Mounier. In esso si chiariscono i motivi che spingono i cattolici impegnati nel sociale sulla base di esigenze di giustizia ad una chiara collocazione progressista in grado di sfidare gli stessi limiti esistenti nella sinistra. Il richiamo a «collaborare» con una sinistra «uscita da un vicolo cieco», quello di ideologie superate è oggi per noi particolarmente attuale. Sarebbe paradossale che proprio i settori cattolici che hanno tanto insistito per far superare alla sinistra i suoi limiti traessero oggi alimento dalle residue contraddizioni dello schieramento progressista per riprodurre un'antistorica nostalgia del Centro. Il Centro è oggi il modo di scegliere un nuovo «non expedit» che la nostra coscienza non può avallare. Soprattutto rispetto alle inaccettabili spinte di destra. Si tratta di fare la scelta per quella «sinistra non comunista» proposta da Mounier, pur consapevoli dei limiti ancora da superare. Q uello che sta accadendo sommerge di riflessi e di ombre le verità più semplici, e affinché il testimone un po' distante non perda i tratti del loro volto, bisogna rimarcarle. Lo stesso si dica della posizione che noi cerchiamo di mantenere di fronte ai problemi del comunismo, e intorno alla quale alcuni pensano che la recente pubblicazione degli articoli Cossou-Vercors l'ha fondamentalmente rimessa in causa. È senza dubbio tanto difficile riconoscere una continuità, quanto mantenerla, e coloro che vedono l'ago della bussola battere verso la sua inevitabile direzione, credono volentieri che esso impazzisca. Noi non siamo mai stati, come Cossou e Vercors, in rapporto diretto con il partito comunista. La nostra filosofia, che deve una parte della sua salute alle acque marxiste, non ne ha tuttavia ricevuto il battesimo. Sebbene la nostra filosofia recuperi molte prospettive concrete del marxismo, i suoi fondamenti sono altri, e tutto, perciò ne viene modificato. Se noi abbiamo rivolto al comunismo, in Francia, dopo il 1944, un'attenzione particolare, è perché particolari condizioni in Francia (e in Italia) ci sollecitavano. La Resistenza aveva lasciato la promessa di un comunismo reintegrato con la tradizione francese, suscettibile di rifare, con una nuova esperienza, e meno utopia, un socialismo francese. Era forse possibile rivolgere la storia contro quelle fatalità che si potevano fin d'allora temere. L'unione della Resistenza offriva una possibilità all'insperato. Criminale chi la disdegnava. Del resto, bisogna intendersi su ciò che si chiama comunismo. Considerato da Chaillot, è una bestia spaventevole; dalle varie Sorbonne, un sistema erroneo; * «Esprit»febbraio 1950 38 dall'Hotel Matignon, un complotto contro la sicurezza dello Stato. Considerato da Montreuil, o da Clichy, è !'.armatura degli emarginali, la sola che conti ai loro occhi, la sola speranza dei loro giorni. Montreuil non è infallibile, ma Monlreuil è al centro del problema: noi rifiutiamo l'aspettazione che omette il punto di vista di Montreuil. Manca a molti che discutono sul comunismo l'andare personalmente tra le case e gli uomini di questo quartiere periferico che si etichetta come rosso e che, da vicino, non è che grigio, tanto grigio che il colore dei giorni vi sembra stabilito, per sempre: questa periferia che si crede assedi Parigi, e che basterebbe frequentare un po' per rendersi conto che è invece Parigi che la investe, che la costringe da cinque generazioni in un destino senza speranza. In questa periferia, dove «ieri» vuol dire umiliazione, «oggi» preoccupazione, «domani» minaccia. Dove, se per avventura si comunica con essa, fosse anche solo per qualche ora, le parole giuste vi penetrano subito nella pelle: un'immenso campo di deportali che si credette liberato nel '36, poi nel '45, e che vede riformarsi il recinto di filo spinato, rioccupali i posti di guardia, e dietro ad essi l'invisibile armata di potenze sociali riprendere, silenziosamente, posizione su posizione. Io Le assicuro, Reverendo P. Fessard, che nelle vie di Montreuil, che Lei dovrebbe frequentare, la mente fa molta fatica a discernere !'«ascesa delle classi popolari» e «il movimento proletario», «ifatti irreversibili» e «il senso della storia», suggestive opposizioni che Lei ha tentato di spiegare, un anno fa, avanti alla nostra attenzione rispettosamente dialettica. No, la nostra filosofia non vuole rinunciare a queste cattive compagnie: niente le farà rompere la sua alleanza con gli emarginati.

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